domenica 31 maggio 2020

PROVERBI E INDOVINELLI MALIZIOSI SALENTINI

Asu nu ffasce pertusi                                Un bacio non fa buchi
ca se fascia pertusi                                   perchè se facesse buchi
la facce te nna fimmena                           il viso di una donna
era nna rattacasu                                     sarebbe una grattugia

Cazzu, culu e fica                                     Il pene, il sedere  e la vulva
fascenu scerrare la fatica                        fanno dimenticare la stanchezza

L' omu pe nnatura uarda                         L' uomo per natura guarda
le minne e lu culu,                                   il seno ed il culo,
la fimmena pe ddifettu                            la donna per difetto
uarda intra llu brachettu;                        guarda dentro i pantaloni;

INDOVINELLI
1)
Ieni, bbeddhra mia                                   Vieni, bella mia 
ieni cquai, lle manu mei,                          vieni qui fra le mie mani 
te zziccu lu pilu, te fazzu scancare,         ti prendo il pelo ti allargo le gambe,
nziddhru, nziddhru te fazzu culare          goccia a goccia ti faccio colare

2)
Pindinguli, pindinguli pindia                  Penzoloni, penzoloni pendeva
mmienzu ll' anche te lu nonnu mia,        fra le gambe del nonno mio,
scia nni lu toccu, iddhru nu nbulia         andavo a toccarglielo, lui non voleva
pindinguli, pindinguli pindia;                  penzoloni, penzoloni, pendeva

3)
Alla ripa te lu liettu,                               Sulla spon da del letto,
ni la mintu e ni la ncarcu,                      gliela metto e gliela calco,
e tau gustu lla signura                           reco gusto alla signora
quasi pe nnu quartu t' ura.                    quasi per un quarto d' ora.

SOLUZIONI
   
1) La crapa                                            La capra ( mungitura )
2) La curuna ter lu rusariu                    La corona del rosario  
3) La furceddhra te lu saccune             La forcella del saccone *

* Gli antichi letti della cultura contadina erano composti con un saccone che fungeva da masterasso, esso generalmente era riempito con crine ma anche con lana, per eliminare lo schiacciamento del saccone, si usava usare una forcella che dal bordo, infilata nel saccone, si scuoteva perchè vi entrasse l' aria che lo rendeva più soffice; naturalmente quando a sera ci si coricava il peso del corpo rimetteva in breve tempo tutto come prima.

BONOMI E.....


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venerdì 22 maggio 2020

LI CULACCHI TE PAPA CALIAZZU


2 ) SANTA LIBBERATA
Se cunta ca nnu ggiurnu papa Caliazzu fose chiamato allu lietttu te la marchesa te Lissanu ca ia parturire ma nu ttenia lu curaggiu pe ppaura te li tulori te lu partu.
Comu la marchesa idde rriare lu rciprevete ni tisse :
“ Papa Caliazzu miu, famme stu piascire, tinne nna bbeddhra prechiera cu mme iuta cu lla scampu te stu cazzu “.
Papa Caliazzu, comu idde ca lu mundu stia ccussine male paratu, ntesau lu capu a ncielu e bbetendu ca la marchesa a ncapetale tenia nnu quadru te santa Libberata, tisse:
“ Mo à rriatu lu nonu mese, tocca bbiessi marchesinu, ca cquai ssirda te sta spetta- e sciunse poi - 
Mia santa Libberata,
comu dusce la trasuta,
fanne dusce la essuta “.
Comu ntise ste palore, lla marchesa ni inne te ritere ccussì forte ca sgravau a ddo bbotte.


Santa Liberata
Si narra che un dì, papa Galeazzo fu chiamato al letto della marchesa di Alessano che stava partorendo, ma aveva paura dei dolori del parto stesso.
Come vide giungere l’ arciprete, la marchesa gli disse:
Papa Galeazzo mio, fammi questo favore, dì una bella preghiera che mi aiuti a liberarmi da questo problema”.
Papa Galeazzo, vedendo i timori della marchesa, alzò gli occhi al cielo e, vedendo sulla testiera del letto un’ effige di santa Liberata, disse :
È giunto il nono mese, devi uscire marchesino che tuo padre vuol vederti – e aggiunse
-Mia santa liberata,
come dolce fu l’ entrata,
fa che dolce sia l’ uscita “.
Nell’ udire queste parole alla marchesa venne da ridere tanto forte che partorì immediatamente.



sabato 16 maggio 2020

LODEVOLE INIZIATIVA


LI CULACCHI TE PAPA CALIAZZU


Se don Galeazzo, arciprete vissuto in Lucugnano ( Le ) intorno al XVII sec. c.a. sia realmente esistito, non ci è dato di sapere; ciò che interessa è quanto narratoci dai nostri nonni sull' arguzia e le facezie di un prete di campagna che autori e narratori hanno ritenuto importante porre alle stampe.
L' immagine qui riportata è custodita presso il museo provinciale di Lecce.
Il famoso proverbio " Scarpe grosse e cervello fino " calza su misura al nostro mondo contadino nel quale il nostro eroe, se da un lato abbraccia la sua missione sacerdotale di arciprete in una piccola comunità di campagna in agro di Tricase, dall' altro è autentica espressione di quel mondo rurale stesso fatto di una cultura non acquisita sui banchi scolastici, ma nel duro lavoro nei campi,  nel porsi rispetto a persone con maggiore cultura e scolarizzazione nella continua lotta per la sopravvivenza e nel difendersi dagli attacchi poco disinteressati di chi cercava di curare i propri interessi a scapito di altri.
Domenico Galeazzo si pone nel mezzo di queste contese, curando i propri interessi sia nei riguardi dei suoi superiori ecclesiastici, e non solo, che verso il popolo di cui curava le anime.
Durante il corso dei secoli, agli iniziali aneddoti relativi a papa Caliazzu se ne sono aggiunti tanti altri e , poichè il personaggio è ancora molto noto ai nostri giorni, sicuramente altri se ne aggiungeranno ancora.

LA CUCUZZA TE LU BBARONE

Nnu ggiurnu lu bbarone te Lissanu cuntau lli amici te quandu, passandu nnanzi ccasa a nnu ellanu idde susu nnu parite ccerte cucuzze ca l' ellanu ia mise ddhrai cu siccanu, bbeddhre rosse e russe.
Fenca ca le sta uardaa lu ientu nde fice catire una ca ni rriau nacpu e catendu se spaccau a ddoi.
Papa Caliazzu nu sse putiu trattenire e fisce finta ca nu ia capitu pe quistu tisse:
" Scusa BBarone, ma quale te le ddo cucuzze se spaccau " ?


La zucca del barone
Un giorno il barone di Alessano narrò agli amici di come, passando nei pressi della casa di un contadino, notò su un muro delle zucche messe lì a seccare, erano belle grosse e rosse.
Mentre le ammirava il vento, ne fece cadere una che gli urtò la testa e cadendo si spaccò in due.
Papa Galeazzo non potette trattenersi e, fingendo di non aver capito, chiese :
“ Scusa barone, ma quale delle due zucche si ruppe “ ?






























martedì 5 maggio 2020

PROVERBI E INDOVINELLI MALIZIOSI SALENTINI





LA MUGGHIERE  ( la moglie )

Megghiu puttana, ca figghia te puttana    
                                                Meglio puttana, che figlia di puttana

Lu megghiu spusaliziu ete quiddhru
                fra nna muta e nnu surdu
                                                Il miglior matrimonio è quello
                                                fra una muta ed un sordo

Beddhra sci me pigghi  a mie campi felice,
           mazzate a quantità senza mangiare
                                                Bella se prendi me vivi felice
                                                botte in quantità e niente cibo

Sinti uecchi niura, nasicchiu mprufalatu,
           e li musi toi suntu mmelemmanna
                                               Hai gli occhi neri e il nasino profilato
                                               e le tue labbra sono miele e manna

Megghiu bbiessi schiavu te lu tiaulu
                            ca te nna fimmena
                                                meglio esser schiavu del diavolo,
                                                che di una donna

INDOVINELLI

Te nnu parmu la ulia,                                  di un palmo la vorrei,
intra llu busciu la mentia,                           nel buco la metterei,
ete tutta sustanza                                       è tutta sostanza
e nni inche la panza;                                   e ci riempie la pancia;

Alla via te Sternatia,                                   Lungo la via per Sternatia,
ieri cchiai la bbeddhra mia,                        ieri trovai la mia bella,
ni la iddi e la tuccai,                                   gliela vidi e la toccai,
era pilusa e lla lassai;                                 era pelosa e la lasciai;

Tegniu nna cosa liscia,                                Ho una cosa liscia,
la zziccu mmanu e piscia;                           La prendo in mano e piscia;

SOLUZIONI

1 ) La furcina                                               La forchetta
2 ) La menuncheddhra                                La poponella
3 ) La bbuttija                                              La bottiglia













domenica 3 maggio 2020

GIOIA DI MAMMA


Dopo che, di eros. alla lusinga
che dolcemente i sensi infiamma.
fu dell’ amore che i cuor appaga,
a darti nuova gioia, l’ esser mamma.

Nuova dolcezza, sul tuo viso, fiorì
e mentre già in cuore tuo pensavi
dolce luce il tuo sguardo addolcì
e nuove sensazioni già provavi.

E forte, la paura che il dolore,
del dare alla luce nuova vita,
non ti recava mai alcun orrore.

Ma una gioia sempre più avita
usciva dal profondo del tuo cuore,
donando, felicità infinita.

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