mercoledì 15 giugno 2016

FINALMENTE L' ARTE






Per i tipi delle edizioni del Grifo, distribuito dal Nuovo Quotidiano di Lecce, è uscito nelle edicole il volume di Antonio Piceci SALENTO sapori e profumi ricette tradizionali delle cucina salentina.
A differenza di altri volumi ed agende pubblicate in precedenza sia dalle edizioni del Grifo sia dal nuovo Quotidiano di Puglia, il volume del Piceci è sicuramente di gran lunga il miglior libro di ricette Salentine che mi sia capitato fra le mani, il più completo, che tratta questo iinflazionato argomento in maniera molto completa ed esauriente.
Dopo alcune agende, due delle quali sono qui raffigurate, che fornivano ricette della tradizione Salentina, ma che rimanevano pur sempre delle agende; e dopo la delusione provata lo scorso anno nel consultare il volume di Silvia Famularo La cucina Salentina - i piatti della tradizione sempre edito dal Grifo ; riccamente illustrato ma insipido nella lettura e piuttosto sommario, ecco, a saziare i nostri appetiti ci ha pensato Antonio Piceci.

Il volume del Piceci, anche se non ci dà immagini di piatti guarniti con maestria ( penso che la cucina Salentina non ne abbia bisogno ), ma ci fa vedere immagini d' epoca dalla cultura contadina delle nostre terre, ci mostra uno spaccato molto esauriente della nostra tradizione suddividendo il menù in sezioni facilmente rintracciabili e comprensibili.
Aprendo l' indice in fondo al libro ( forse l' unico neo dei questo volume, io lo avrei posto all' inizio ) notiamo in grassetto le sezioni che iniziano da "li nsurti"
gli antipasti, seguiti dai primi piatti, l' immancabile pesce, le carni ed i dolci.
Alcune sezioni sono dedicate ai nostri prodotti più raqqresentativi come l' olio d' olva e le sue fritture, per le quali ci svela alcune importanti regole.
Altra sezione dalle pagine azzurre è quella che tratta del peperoncino Lu Tjaulicchiu, con 23 ricette ed una marmellata molto piccante aggiunte ad un suo modo personale di preparazione dell' oju santu che prevede anche la bollitura dei vasetti ( mia moglie non lo ha mai fatto ).
La terza ed ultima sezione azzurra, è sicuramente quella che più soddisfa chi, come me, cerca nella tradizione anche l' uso del nostro dialetto, essa infatti si intitola Alla scoperta del cibo perduto - cinquanta vecchie ricette della tradizione scritte in dialetto; è un trionfo di sapori che lasciano con l' acquolina in bocca: La cepuddhrata, li strangulapreveti cu li rizzi te mare, le cecore reste cu lla carne te puercu, li ciceri e tria, pittule e tanti altri piatti ormai dimenticati.
Cosa aggingere ancora ? se Tonio Piceci non aveva alcun bisogno di presentazioni, ce ne ha dato ampia prova in questo libro che, grazie alla sua valentia unita a quella di altri che hanno collaborato alla sua pubblicazione arricchiscono ed impreziosiscono la nostra cultura sia intelettuale che culinaria

 

venerdì 10 giugno 2016

TISCE LU SAGGIU






Senza ggiurnu nu nc'è mese              Senza giorno non c' è mese
senza pruerbi nu nc' è paese              senza proverbi non c' è paese

Lu perieddhru,                                  Il povero,
se scappa a lla ncutina,                     se scappa all' incudine
ccappa allu matrieddhru                   capita al martello

Quannu nc'ete lu terramotu,             Quando c' è un terremoto
allu perieddhru nci cate la casa         al povero cade la casa,
allu riccu nci more la mujere            al ricco muore la moglie

Tutti li pulesci tenenu la tosse,         Tutte le pulci hanno la tosse,
lu cchiù picciccu,                             la più piccola
la tene cchiù rossa                           l' ha più grossa

La puteca, ole culu !                        La bottega,vuole culo ( fortuna )

giovedì 9 giugno 2016

FAVOLE E LEGGENDE SALENTINE

Infarcite di personaggi più o meno strani, creature mitologiche o religiose, le favole hanno sempre attirato la fantasia dei più piccini, specialmente quando, seduti attorno ad un caldo braciere nelle lunghe serate invernali e, nell' attesa che rientrassero dal lavoro i maschi di casa cui avevano pazientemente preparato la cena, le mamme, oppure le nonne, raccoglievano i fanciulli accanto a loro e prima di farli coricare, narravano loro delle favole che avevano quasi sempre uno sfondo morale; nulla a che vedere con i culacchi che narravano aneddoti curiosi spesso realmente accaduti , ed erano sempre motivo di prese in giro.
Principi azzurri per fare sognare le fanciulle, guerrieri o draghi oppure avventure in giro per i sette mari, per incuriosire i maschetti erano gli argomenti che le nonne conoscevano a menadito e dalle cui labbra pendevano i fanciulli; storie di animali, molto spesso prese dalle favole di Esopo, Fedro o dei La Fontaine e, molto spesso, invece di conciliare il sonno, erano causa di incubi e notti insonni.
Alcune di queste favole sono state da me raccolte e ve le narrerò in alcuni post che pubblicherò in seguito.
Il lauro, è un diavoletto che ne combina di tutti i colori e la breve favola odierna è appunto dedicata a lui.
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LU LAURU E LU PRINCIPE

Unu te rimpettu all' autru, sulle ripe te nnu lacu, nc' erane ddo regni e li re ca nci regnaanu teniane: Unu nna fijia bbeddhra comu a nnu fiuru ca fascia nnammurare tutti li carusi appena la etiane.
L' autru rre tenia invece ddo fiji masculi, puru iddhri bbeddhri comu llu sule,  lu cchiù picciccu, ca ia ista la principessa, se nd' ia nnammuratu e puru iddhra ca ia istu ddhru principe, bbeddhru comu allu sule e bbuenu comu la pasta te mendula, se nd' ia nnammurata. 
Ma siccomu a ddhri tiempi s' iane spusare prima li frati cchiù rrandi, ca poi erane quiddhri ca iane ddintare rre quandu muria lu sire; e siccomu puru a quiddhru nci piascia ddhra principessa nd' ia  ddummandata la manu allu sire ca ia respustu te sine e a nienti asera li chianti e le pruteste te la carusa ca nu llu ulia.
Ia rriatu ccussine lu giurnu te li spunsali e tutti sta fasciane feste ma la sposa stia tespiasciuta percene nu mb' era quiddhru lu sposu ca ulia.
E puru lu frate te lu sposu s' ia chiusu intra nnu cammerinu e sta sse cchiangia li meju muerti soi percene fraisa ni nde sta futtia la nnammrata.
Mentre stia ccussine, tuttu te paru sentiu nna usce ca nu sse capia te ddunca sta bbenia ca nci ddummandaa percè sta chiangia.
Lu ggioane rimase frasturnatu pe stu fattu, ma ddhra usce tisse ntorna : 
" Nu tocca tte mpauri te mie, suntu lu lauru e bogghiu sacciu percene stai ccussine, ca se pozzu fare quarche cosa la fazzu ." 
Lu gioane allora nci cuntau ca iddhru era nnammuratu te la principessa e puru iddhra lu ulia, ma li ddo rre iane decisu ca lu frate rande se l' ia nsurare.
" Nu te proccupare - nci tisse allora lu lauru ca moi cconsu ieu le cose e bbiti ca fazzu cu bessiti felici tutti ddoi, "
Rriata la sira, fenera li festisciamenti e li ddo sposi scera sse curcanu, ma quandu lu sposu sciu cu fazza lu dovere sou e cu sse pija la mujere, quista ddentatu tuttu te paru tutta niura comu llu craune e tosta comu lla petra te carcara.
Lu sposu se mparuau e ddhra prima notte passau ccussine; lu cra mmatina, lu sire te la principessa chiamau tanti mieteci cu nci ticenu cce ia successu a fijasa e percene era ncora sana.
Tutti li mieteci tesera lu sciutiziu ca la curpa era te lu maritu ,  allora lu rre fisce carcerare lu sposu e tisse ca le nozze nu mb' aliane cchiui. 
La principessa ccussine pozze spusare lu amatu sou e de tandu issera tutti felici  e cuntenti ma a nui però mai niscunu ni tese nienti. 

IL PRINCIPE E IL LAURO

Uno di fronte all' altro, sulle opposte rive di un lago, vi erano due regni ed i re che vi regnavano avevano : Uno una figlia bella come un fiore, che faceva innamorare tutti i giovanotti che la guardavano.
L' altro re aveva invece due figli maschi, anch' essi belli come il sole; il più piccolo dei due, che aveva visto la principessa, se ne era perdutamente innamorato ed era corrisposto da lei che lo aveva visto bello come il sole, buono e dolce come la pasta di mandorla.
Poichè in quei tempi vigeva l' uso che di due fratelli dovesse sposarsi prima il più grande, che era quello che avrebbe ereditato il titolo del padre, diventando re alla sua morte, e poichè, anche a quello piaceva la principessa, ne aveva chiesto la mano al padre che aveva acconsentito ed a nulla erano valse le proteste ed i pianti della ragazza che non lo voleva.
Giunse così il giorno delle nozze e tutti erano felici e facevano grandi feste, ma la sposa era triste perchè non era quello lo sposo che voleva.
Anche il fratello dello sposo si era chiuso in una stanzetta e piangeva dallo sconforto perchè suo fratello sposava la sua amata.
Mentre era così preso ed affranto, udì una vocina di cui non capiva la provenienza che gli chiedeva la ragione di tanto sconforto.
Il giovane trasalì, ma la vocina gli disse ancora :
" Non devi aver paura di me, sono il Lauro e voglio che tu mi dica la ragione del tuo pianto, perchè, se posso, ti darò una mano".
Il giovane allora iniziò a narrare la storia del suo amore, corrisposto ma contrastato dai genitori a da suo fratello che stava sposando la sua amata.
" Non preoccuparti - disse il lauro - che ora sistemo io le cose e farò in modo che siate entrambi felici".
Giunta la notte, e finiti i festeggiamenti, i due sposi si ritirarono nelle proprie stanze dove lo  sposo doveva compiere il suo dovere e consumare il matrimonio, ma, proprio mentre stava per compiere l' atto, la sposa divenne tutto d' un tratto nera come il carbone e dura come la pietra viva.
Lo sposo si spaventò e così trascorse la prima notte di nozze senza che nulla accadesse.
Il mattino successivo, il re, venuto a conoscenza dell' accaduto e volendo capire la ragione per cui sua figlia fosse ancora vergine, chiamò a consulto i migliori medici del reame che, ispirati dal lauro, diedero tutti lo stesso responso " La colpa è del marito " , il re allora fece arrestare il marito e lo fece rinchiudere in una segreta dichiarando nulle le nozze.
La principessa potè così sposare il suo amato e, da allora, vissero tutti felici e contenti, ma a noi nessuno ha mai dato niente.

mercoledì 8 giugno 2016

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FFASCITI COMU IEU FAZZU

LU COPPULINU PE LLA NOTTE

Na sira, ccasa lla bbarunessa te Lu Cugnanu, nc' erane lu bbarone, la bbarunessa e lu papa Cajazzu ca sta tescurriane te le usanze te lu bbarone quannu ia scire sse bba curca, iddhru aia la bbitutine sse minte lu coppulinu ncapu ca tescia ca nci la tenia cauta e nci la prutescia te li cuerpi t' aria.
La bbarunessa invesce, nci tescia ca cu ddhru preserbativu a ncapu era bruttu e nu llu putia suppurtare.
Allora, lu papa Cajazzu se nde essiu tescennu llu bbarone :
" Ai tuertu, caru bbarone, lu coppulinu pe lla notte ete lu stutaturu te la ggiuventù ".


IL BERRETTO DA NOTTE

Una sera, dopo cena, in casa della baronessa di Lucugnano, c' erano il barone, la baronessa e papa Galeazzo che stavano chiacchierando dell' usanza del barone nell' andare a letto, il barone aveva l' abitudine di mettere in testa un berretto poichè, diceva che gliela teneva calda e la riparava da eventuali colpi d' aria.
La baronessa,gli diceva, invece che con quel preservativo in testa era brutto e non poteva sopportarlo.
Allora papa Galeazzo disse, rivolto al barone :
" Hai torto, caro barone, il berretto da notte, è lo spegnitoio della gioventù ".

domenica 5 giugno 2016

L' EROTISMO NELL'ARTE E NELLA POESIA

Coprire e immagini più o meno esplicite di atti di erotismo, è qualcosa di aberrante, anche perchè l' erotismo è parte integrante della vita, e non solo umana, purtroppo la falsa morale di alcuni rende immorale ciò che invece non lo è.
Fin dagli albori della civiltà l' erotismo ha sempre affascinato ed incuriosito l' uomo che gli ha dedicato persino dei templi.
Il Lakhsmana erotic temple situato in India, nel Khajuraho, presenta numerose sculture di carattere erotico esplicito, ma ciò non rappresenta certamente un' offesa a nessuna morale o moralismo spicciolo



ALESSANDRA MANZETTINA, ignota poetessa forse di origine lombarda, è l' autrice di questa meditazione su un testo di S. Freud - Dora - frammento di un' analisi di isteria.
Date le scarse notizie su quest' autrice, è ragionevole pensare che si potrebbe trattare di uno pseudonimo usato nell' ambito della goliardia.

" L' attenzione prestata da una donna ai contorni dei genitali maschili percepibili attraverso i vestiti diviene, dopo la sua rimozione, motivo di molti casi di ritrosia e di timore della società. "

" Ei fu. Siccome immobile
s' appisola il pisello
dietro la patta, immemore
del turgido martello:
osserva, Dora attonita,
s' appiana il dislivello "

martedì 31 maggio 2016

INDOVINELLI MALIZIOSI SALENTINI

MALIZIOSO ANZICHENO'
L' INDOVINELLO OR VI PORRO'

Lu pilusu ca portu nnanti                                         Il peloso che ho davanti
nci lu mosciu a tutti quanti,                                      io lo mostro a tutti quanti.
carne cruta intra nci mintu                                       carne cruda v' infilo dentro
cce piacire ca me sentu                                              che goduria che vi sento

Alla zzita primarola                                                   Alla sposa novella
nci la minti ca ni tole,                                                gliela infili e le duole,
ma dopu ca ni l'à misa,                                             ma, dopo avegliela messa,
m'paraisu iddhra se sente                                         in paradiso ella si sente

Nc' ete nna cosa cauta e tunda                                 C' è una cosa calda e tonda 
ca la fimmina, te sira                                                 che la donna, di sera
mmienzu ll' anche se la tira                                      fra le gambe se lo tira

SOLUZIONI

1) lu manulu                                                               il manicotto
2) lu nieddhru te sposa                                               la vera
3) lu bracieri                                                               il braciere  

lunedì 30 maggio 2016

TRA RISI E CHIANTI


IEU SUNTU PAPA CAJJAZZU - FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU -

Nnu ggiurnu la bbarunessa te Lu Cugnanu nci ddummandau allu papa Cajazzu :
" Arciprevete timme - ma cci gg' ete ca divide lu risu te lu chiantu ? "
" Lu nasu ! "  - respuse papa Cajazzu .

Un giorno, la baronessa di Lucugnano, chiese a papa Galeazzo :
" Arciprete, ditemi - cosa divide il riso dal pianto ? "
" Il naso ! " - rispose papa Galeazzo

domenica 29 maggio 2016

LU BALLU TE LE TARANTATE

Dal libro di Janet Ross, LA TERRA DI MANFREDI pubblicato nel 1889 in Londra, ho tratto questo antico brano musicale che serviva a far ballare coloro che erano morsi dalla tarantola, se qualcuno vuol divertirsi ( e ne ha la possibilità ) può provare a suonarlo.






mercoledì 20 aprile 2016

LA TERRA D' OTRANTO - 2 -

Abbiamo in altra occasione narrato della storia dei Messapi, un popolo pacifico che intratteneva buoni rapporti con i dirimpettai adriatici della Grecia che curavano rapporti di interscambio con essi.
Purtroppo però le colonie greche che si insediavano nel trascorrere del tempo, non erano altrettanto pacifiche e cercavano di sopraffare le inermi genti messapiche che furono così costrette ad adeguarsi a ciò e creare fortificazioni e munirsi di armi a difesa della propria identità, classico esempio di ciò, è rappresentato, nel settore Jonico della penisola Salentina, dalla città di Taranto che, colonia spartana, cercava di estendere la sua egemonia sulle genti vicine le quali, dopo un grave affronto subito, sconfissero gli eserciti tarantini e, volendoli sterminare, li inseguirono fin sotto le porte di Reggio Calabria dove i tarantini si erano rifugiati chiedendo soccorso.
Con l' avvento della potenza romana, anche il Salento divenne parte dei suoi territori e Brindisi, quale porto più vicino alle sponde della Grecia, assunse importanza e fu centro di scambi e depositi di merci destinate o provenienti dai centri del bacino del mediterraneo.
Dal porto di Brindisi partiva infatti la via Appia che portava direttamente a Roma.
La realtà brindisina però non servì da stimolo per un accrescimentto del tessuto socio - culturale del resto della penisola Salentina che anzi rimaneva sempre più isolata ed abbandonata a se stessa in quanto marginale rispetto ad altri centri più vicini all' urbe, perciò poco influente nei rapporti con Roma.
La cultura e la memoria storica di queste genti andavano così scemando e si impoveriva perciò anche quella che un tempo era stata la cultura fiorente  di quella zona denominata Magna Grecia; pertanto, isolandosi sempre più dal contesto storico del resto dell' Italia, fu possibile che centri oggi definiti Grecìa Salentina portassero fino ai nostri giorni il loro linguaggio poco modificato dalle influenze della storia successiva  fatta di invasioni e colonizzazioni.
Dopo la caduta dell 'impero Romano, l' Italia tutta fu smembrata e si instaurarono una miriade di stati e staterelli che, sotto la protezione dei forti regni transalpini, curarono e valorizzarono la storia e la cultura delle oro genti, creando centri culturali anche di notevole importanza, arricchendo così il proprio bagaglio di conoscenza ed esperienza.
In terra D' Otranto, vi furono anche dei casi importanti di sviluppo culturale , ma essi furono racchiusi  in poche realtà, che tuttavia conservarono fino a tempi relativamente recenti, strutture medievali nel tessuto socio - economico di questi territori, prova ne è che fino al XVIII ° secolo vi sono poche tracce di una cultura che comunque esisteva all' interno di palazzi e monasteri, ma che poco aveva a che vedere con la realtà popolare contadina salentina, che poco conservava o riportava della memoria storico - culturale nel proprio tessuto sociale.
Alla luce di quanto sopra, possiamo quindi notare come storie, credenze e tradizioni antichissime si ripetono ancora oggi tramandate quasi esclusivamente dalla tradizione orale e mischiate, a volte, con aggiunte di credenze e tradizioni successive, marcatamente di provenienza cristiana; furono infatti i cristiani a voler modificare ed adattare alle proprie credenze testimonianze che provenivano da culture precedenti, in ciò ebbero anche facile gioco vista la carenza di testimonianze scritte.

domenica 3 aprile 2016

FILASTROCCHE E CANTILENE

LA TERRA D' ORTANTO AI PRIMI DELL' 800

I dialetti salentini secondo Giuseppe Gigli, possono essere suddivisi in tre zone dialettali:
1) La zona leccese che agglomera il territorio che partendo da Lecce si estende  fino a Leuca,
2) La zona brindisina, che si estende fra i circondari di Lecce e di Taranto, avendo come principali comuni Mesagne, Latiano, Oria, Manduria, Francavilla Fontana, Sava e Grottaglie,
3) La zona tarantina, che comprende come centri principali Taranto e Massafra e tutti i piccoli centri sparsi intorno a queste città.
Bisogna tener conto anche del fatto che quando il Gigli scriveva ciò, non esistevano le provincie di Brindisi e Taranto e la Terra d' Otranto con capoluogo Lecce, le comprendeva.
Citando Luigi Maggiulli, Gigli descrive i vari idiomi e le inflessioni che li caratterizzano in base ad influenze dovute alle varie dominazioni che nel corso dei secoli si sono succedute nei vari territori lasciando in eredità cadenze e terminologie che differiscono fra un territorio ed un altro.
Eccovi ora due canti della zona di Giuliano, piccolo centro del capo di Leuca .

O 'more 'more quantu stai luntanu !
Ci te lu consa, lu lettu la sira ?
Stessi vicinu comu stai luntanu,
Ieu te lu conseria matina e sira,
Ieu te lu conseria sira e matina,
Pe no stare suggettu a la vicina.

Nna donna me prumise le quattr' ore !
Ieu, lu meschinu, me pusi a durmire.
Quandu me risbigliai fora nov' ore ;
Pensa se persi tiempu allu vestire !
Nnanti alle porte fui de lu miu amore ;
Eccume, beddha mia, famme trasire.
Iddha me tisse :  " Va cchianta cicore  
Ciunc' ama donne no pensa a durmire

domenica 27 marzo 2016

POETI SALENTINI DAL 1700 AD OGGI


Nel centro storico leccese, percorrendo via Leonardo Prato dirigendoci verso porta Napoli, la prima traversa che incrociamo è via Francesco Antonio D' Amelio.
Consultando il dizionario biografico Treccani, leggiamo la seguente definizione che riguarda questo poeta di casa nostra : " Piccolo travetto, il D' Amelio ( Lecce 1775 / 1861 ) riacquista solo parzialmente dignità con la poesia ".
Un po' troppo riduttiva, però questa definizione rispecchia le doti umane del  D' Amelio che ha il pregio di essere stato il primo poeta leccese, ad usare il nostro dialetto per fini letterari, restando sempre e comunque un impiegato dell' ufficio del registro che non faceva mai pagare le multe ai suoi superiori.
Indiscutibile però la sua vena satirica ed umoristica in questo sonetto che ricalca, per un gallo, la storia dell' asino morto prima ancora di imparare a vivere senza mangiare.

A N' AMICU PE NU CADDU CA IA MUERTU DE SUBETU 

Ronzu ( salute a nui ) lu caddu è muertu;
S' ha truatu stanotte a nterra stisu
Cu li tienti de fore, e musi tuertu,
Comu si se crepasse de lu risu.

Subra a quiddu nu nc' è nuddu cauertu
Ci criti ( tantu sia ) ca l' anu ccisu;
Ma sulu sta tenia lu culu piertu
De du l' arma ia essuta a lu mpruisu.

Nu miedecu de ciappa l' ha sparatu,
E betendu lu ficatu e le ntrame,
Nuddu male de morte nci ha truatu;

Ma se amu stare a le palore soi,
tocca criti ca è muertu de la fame,
Solitu male de li caddi toi.

giovedì 24 marzo 2016

LA CULONNA TE SANTU RONZU

Narra la storia che nell' anno 1656 la provincia di Lecce fosse afflitta da una grave epidemia di peste, la città di Lecce, grazie all' intercessione del suo santo protettore, sant' Oronzo, esortato dalle preghiere dei cittadini, riuscì a debellare quel morbo.
A seguito di ciò le autorità cittadine decisero di innalzare al santo un pubblico monumento.
Il sindaco di Brindisi, Carlo Stea, offrì allora alla città di Lecce una delle due colonne in cipollino africano, che alcuni storiografi errando attribuivano appartenute ad un tempio  di Minerva; poste al' ingresso del porto della città, indicavano l' inizio della via Appia che conduceva a Roma, tale colonna, alta circa 30 metri era caduta dal suo basamento posto su di un rialzo di terra.
La decisione del sindaco fu però osteggiata dai suoi concittadini, per ciò la donazione fu ratificata solo nel 1660 dal vicerè di Napoli, l' anno successivo fu così trasferita a Lecce suddivisa in 7 blocchi, col capitello.
La statua bronzea però, fusa a Venezia, vi fu adattata solo nel 1739.

LECCE: Porta Rugge o Rusce ai primi del 1900  

MAGLIE: il mercato del sabato ai pri,i del 1900


martedì 22 marzo 2016

La TERRA D' OTRANTO



Su questa lingua di terra che si estende in forma di penisola tra il mare Adriatico e il mar Ionio, un tempo Magna Grecia, oggi alquanto ristretta chiamata terra d'Otranto, soffiò più volte con varia fortuna il vento della civiltà, e la messapica, la greca, la romana, la saracena, la gotica , la normanna lasciarono a volta a volta ampia orma di loro soggiorno nella terra e negli abitatori.
Poche regioni ebbero, più di questa trionfi tanto gloriosi e cadute tanto mortali.
La storia dirà che i nostri antenati, prima in guerra tra loro , non ebber paura delle aquile romane, e a Fabio Massimo, come al cartaginese Annibale opposero lunga e valorosa resistenza.
La storia dirà che i nostri padri non paventarono la civetta d' Atene, e che poi combatterono contro i cavalieri barbari, saraceni, goti e normanni.
La storia registrerà le gesta delle città nostre a quelle messapiche che coniarono monete ed ebbero eserciti, alla generosa Otranto, che si coprì di gloria combattendo contro l' invasione dell' esercito , e salvando col proprio sangue la salute e l' onore d' Italia
[ ….... ]
Terra d' Otranto vedeva poco a poco sparire nell' oblio le sue tradizioni più belle
[ ….....]
Chi le vicende di questa terra conosce, può argomentare il grave danno che a lei proviene dal neghittoso abbandono della sua storia

Giuseppe Gigli Superstizioni pregiudizi e tradizioni in Terra d' Otranto
Manduria 10 novembre 1892

Quanto è attuale oggi ciò che il Gigli scriveva più di 120 anni fa

martedì 16 febbraio 2016

TISCE NNU SAGGIU

STO PLOVELBIO È UN POCO STLANO
NON SALÀ PELCHÈ È NOSTLANO ?



Li capuni se l' annu mangiati,                     I capponi se li son mangiati,
li pruerbi nci l' annu lassati                         i proverbi ce li hanna lasciati

Li pruerbi nu ssu nati jeri                            I proverbi non sono nati ieri

Li pruerbi su bbastati,                                   I proverbi sono bastati,
quannu li libbri nu mberanu nati                 quando i libri non esistevano   

Li pruerbi su ssempre veri,                           I proverbi sono sempre veri, 
ma nu sempre se capiscenu nteri                  ma non sempre si comprendono

Se lu pruerbiu è forte, resta mmente            Se il proverbio è forte resta nella mente 

lunedì 15 febbraio 2016

INDOVINELLI MALIZIOSI



Entre cu bbentre,                                               Ventre con ventre,
nna manu a nculu sempre                                 una mano sempre nel culo,
intra lla spaccazza                                              dentro lo spacco
nna stozza te carne tosta                                    un pezzo di carne dura 

Bbu la ticu, beddhre strei,                                  Ve lo dico, belle ragazze,
la prima me tose puru a mie,                              la prima volta fece male pure a me  
dopu ca m' aggiu mmaretata,                             dopo che mi sono maritata,
m' aggiu bbeddhra bbituata                                mi sono bell' e abituata 

Chiù lengu e ressu ete,                                        Più lungo e grosso è
cchiù nci piace lla patruna                                  più piace alla padrona

Ddhra fetente, tunda, tunda,                               Quella fetente, tonda, tonda
stae ccucciata cu sette mantili                             sta coperta con sette mantelli
ca te sutta nu nni mmuccianu li pili                    che sotto  non le coprono i peli 

SOLZIONI

1) LU LLATTAMIENTU                                      L' ALLATTAMENTO   
2) LA FETE                                                           L' ANELLO NUZIALE
3) LU MENATURU                                               IL CHIAVISTELLO
4) LA CEPUDDHRA                                             LA CIPOLLA

domenica 14 febbraio 2016

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU


BIFARI E TRUMBONI

Tisce nnu pruerbiu te li nesci ca scinca nu pescia a cumpagnia o ete nnu latru o ete nna spia.
Nna matina ca papa Cajazzu se ttruaa cu camina a campagna cu certi amici soi e ca nci inne cu pescianu, se misera tutti rretu l' arveri e sse misera ppesciare.
Mentre ca sta pescianu, allu papa nci scappau nnu piretu, ma nnu piretu te quiddhri ca se sentenu luntani ttre migghia, tutti se utara cu uardanu papa Cajazzu babbati.
Papa Cajazzu se utau ll' autri e tisse :
" Beh ! cce nc' ete cu mme uardati comu tanti ucchipierti ? fra tanti bifari nci ulia puru nnu trumbone ".

PIFFERI E TROMBONI

Dice un proverbio dei nostri che chi non piscia in compagnia o è un ladro o una spia.
Una mattina mentre faceva una passeggiata in campagna di alcuni suoi amici, venne loro la necessità di orinare, per cui si misero dietro ad alcuni alberi ed iniziarono a pisciare.
A papa Galeazzo, a quel punto, scappò pure una scorreggia, di quelle rumorose che si sentono persino ad una certa distanza  per cui tutti si voltarono meravigliati a guardarlo.
Papa Galeazzo rivolto verso gli altri, allora disse :
" Beh !  Cos' avete da guardare meravigliati ? fra tanti pifferi ci voleva pure un trombone "

sabato 13 febbraio 2016

A TUTTE LE VALENTINE DEL MONDO

A TUTTE LE VALENTINE DEL MONDO UN CALDO ABBRACCIO ED UN AUGURIO DAL PIÙ PROFONDO DEL MIO CUORE

DAI LUPERCALIA A SAN VALENTINO


Come abbiamo in altre occasioni già narrato, i Lupercalia erano una serie di feste romane che annoveravano anche la festa della Candelora e quella dell' amore, feste in onore della dea Romana Febris,e del fauno Luperco, vecchia divinità Etrusca; il dio Lupercuus che nella mitologia romana diviene un fauno.
I Lupercalia erano feste di carattere orgiastico che coinvolgevano tutta l' urbe, erano feste dedicate soprattutto alla fertilità, visto la loro vicinanza con il sopraggiungere della primavera.
Ho già narrato dei giovani che giravano nudi per Roma fustigando le giovani ragazze che incontravano per strada allo scopo di renderle fertili.
Un' altra usanza di queste feste era invece legata all' unione di giovani coppie che, estratte a sorte, avevano il privilegio di convivere more uxorio per un intero anno, fino ai prossimi Lupercalia: venivano posti in due diverse urne i nomi di ragazzi e ragazze ed estratti a sorte alternativamente erano accoppiati dalla casualità dell' estrazione.
Era un onore essere inseriti nell' urna ed estratti.
Con l' avvento del cristianesimo, queste feste, molto sentite dal popolo, dovevano assumere un aspetto che le annoverasse fra le feste della religione emergente, perchè causa di gravi difficoltà alla sua espanzione.
Pertanto si provvide dapprima a cercare di sostituire ai Lupercalia ed alla Candelora la festa della Purificazione di Maria e della Presentazione di Gesù al Tempio,che cadevano dopo 40 giorni dall' Epifania, cioè alla metà esatta del tempo intercorrente fra il solstizio d' inverno e l' equinozio di primavera.
Intorno all' anno 335 si decise di fissare il Natale ( ce ne dà notizia Furio Dionisio Filoculo nel suo Chronographos databile intorno al 336 d.c. )  cristiano alla data del 25 dicembre con lo scopo si sostituirlo alla festa pagana del Natalis Solis Invicti ed anche alle festività Romane dei Saturnalia che si svolgevano fra il 14 ed il 24 dicembre in onore del dio Saturno, con sontuosi banchetti e scambio di doni; per tale ragione, seguendo il rito ebraico, la festa della Purificazione di Maria e della presentazione di Gesù al tempio dovettero essere spostate al 2 febbraio.
Ma come fare con la festa dei Lupercalia? Ecco che spuntò fuori una strana santa di cui si avevano, e si hanno scarze e frammentarie notizie che avvalorano e rafforzano le teorie che asseriscono che tale santa, in realtà non sia mai esistita e che sia stata inventata di sana pianta Santa Febronia da Nisibis la cui passio venne seguita da santa Tomaide, vissuta un secolo dopo, per cui poco attendibile, che prese dapprima il posto della festività spostata.
Per porre rimedio a questa situazione, nel 496 papa Gelasio I° decise di mettere al posto di santa Febronia la festività di san Valentino da Terni martire la cui prerogativa fu quella di essere stato il primo vescovo cristiano ad aver celebrato un matrimonio misto ossia un matrimonio fra un cattolico ed un pagano.
Da allora la festa di san Valentino divenne la festa dell' amore e degli innamorati in particolare.

lunedì 8 febbraio 2016

FEBBRAIO - LA FESTA DELLA LUNA



Dal Latino februare, che significa purificare, il mese di Febbraio era un mese dedicato alle feste di Lupercalia, in onore del fauno Luperco e di altre divinità malefiche, fra cui a dea romana Febris ( febbre ) ed il suo diretto ascendente etrusco Februus; come la febbre serve all' organismo per purificarsi da malanni fisici, così il mese di febbraio era un mese di purificazione materiale o spirituale.
La luna nuova di Febbraio, era una delle festività romane che si svolgevano nei riti dei Lupercalia.
La luna nuova di febbraio è sorta oggi 0870272016 alle ore 15,40.
La luna di Febbraio è quindi una luna  purificatrice che giova al corpo ed allo spirito, luna di purificazione o di pulizia, luna casta, luna della tempesta; in quest' occasione ci si può vestire di bianco e festeggiare questa luna candida, immacolata.
Così come la luna si rinnova, ci rinnoviamo quindi anche noi, con la meditazione ed una idonea cura disintossicante

sabato 6 febbraio 2016

INDOVINELLI MALIZIOSI



Mpressu lla tomba resurge,                                         Presso la tomba risorge
resurtu se preca,                                                           risorto si seppellisce,
precatu chiange,                                                          sepolto piange,
chiangendu more                                                         piangendo muore

Quantu ulia, quantu ulia,                                            Quanto vorrei, quanto vorrei,
cu tte stendu mmienzu lla ia,                                       stenderti in mezzo alla via,
cu te apru la spccazza                                                  aprirti lo spacco
cu nci nfilu la dindula mia                                          infilarci il dondolo mio   

Lu tata lu porta testu                                                    Il papà lo porta duro
e la mamma lu rremoddhra                                         e la mamma lo rammolisce

Ieri ssira lu iddi lla mamma,                                       Ieri sera lo vidi alla mamma ,
lu tinia niuru, niuru,                                                   lo teneva nero, nero,
Tissi :" mamma me lu tai ?"                                       dissi :" Mamma me lo dai ?"
" Fiju miu, nci serve llu tata "                                    " Figlio mio, serve a papà "

SOLUZIONI

1)  Lu cazzu                                                                  IL pene
2)  La ccetta  e le leune                                                 L' accetta e la legna da rdere
3)  Lu saccu te farina                                                    Il sacco di farina
4)  Lu cappottu                                                              Il cappotto                                                                                                

venerdì 5 febbraio 2016

Le satire QUOTIDIANE

Renzi si gonfia il petto
" RESTITUITECI LA SALMA DEL RICERCATORE UCCISO "
Finalmente qualcuno con cui poter alzare la voce EH !?!
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da " IL FATTO QUOTIDIANO " di oggi



mercoledì 3 febbraio 2016

LA CANDELORA


Il mese di febbraio è importante per i cattolici perchè in questo mese ricadono due ricorrenze, la prima il giorno 2 in cui  si ricorda la festa della candelora, e la seconda ricorrenza è quella della festa degli innamorati ossia san Valentino.
Secondo l' antica usanza ebraica, le donne che avevano partorito un figlio maschio dovevano trascorrere in isolamento un periodo di 40 giorni per purificarsi :
" 2 Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda come nel  tempo delle sue regole.
   3 L' ottavo giorno si circonciderà il bambino.
   4 Poi essa resterà ancora 33 giorni a purificarsi dal suo sangue, non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario finchè non siano compiuti i giorni della sua purificazione  "
LEVITICO 12, 2-4 ;
trascorso questo periodo di quarantena, potevano ricominciare ad entrare nel tempio  ed il primo atto sociale cui potevano partecipare era la presentazione del proprio foglio al tempio.
Maria e Giuseppe, in ottemperanza a questa usanza, presentarono quindi il loro figlio al tempio.
Fin qui la spiegazione dal punto di vista cattolico della ricorrenza della candelora che comunque non rispecchia la realtà o almeno solo una parte superficiale di essa.
La candelora con la benedizione delle candele quali rappresentazione della luce divina, faro che illumina il cammino dell' umanità è di diretta discendenza della religione precristiana del rito dell' antica Roma, i festeggiamenti in onore del fauno Luperco ( lupercalia ), che si svolgevano il 14 febbraio, in essi si accendevano e si benedicevano le candele e tutta Roma veniva illuminata con esse, si tenevano processioni e si svolgevano riti di fertilità dei quali parlerò in seguito.
Febbraio è il mese che viene prima di marzo, ed è un mese in cui le genti si preparano, dopo un periodo di sonno dovuto al rigido clima invernale, al risveglio della natura,
E' questo un mese dedicato all' amore, un mese dedicato alla prosperità ed alla fertilità, come la natura si risveglia e ci dona i suoi frutti, così le giovani donne potevano dare all' uomo i frutti dell' amore, perpetuandone le stirpi.
Anticamente la festa della candelora, veniva ricordata il 14 febbraio, ossia 40 giorni dopo l' epifania .
Poichè, nel 336 d,c, si iniziò  a festeggiare il natale il 25 dicembre,  si decise, in seguito di festeggiare la candelora 40 giorni dopo ed il suo posto, nel calendario fu preso nel 494 ad opera di papa Gelasio, da san Valentino.
Febbraio deriva dal lemma latino febbruare che significa purificare, da ciò le festività di questo mese che sono appunto feste di purificazione.

sabato 30 gennaio 2016

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU

LU SPOSALIZZIU ETE NNU CUMBATTIMIENTU

Lu bbarone te Tiscianu era ecchiu te anni, ma s' ia te picca nsuratu cu nna ggiovene carusa; nnu ggiurnu ca se ttruau a rraggiunare cu papa Cajazzu, ose nci ddummanda cce nde pensaa iddhru te lu spusalizziu.
" Lu sposalizziu ete nnu cimientu - nci respuse papa Cajazzu - percene quandu lu maritu staie nnu picca nnanti cu li anni, mute fiate lu  tocca cu ttroa pezze a culure, ca nu nci nchiana.

IL MATRIMONIO È UN DUELLO

Il barone di Tiggiano, avanti con gli anni, aveva da poco sposato una giovane donna; un giorno, mentre discuteva con papa Galeazzo, volle chiedergli cosa ne pensasse del matrimonio.
" Il matrimonio è un duello - cli rispose papa Galeazzo - specie quando il marito è un po' avanti con gli anni, molte volte gli tocca trovare delle scuse puerili, perchè non ce la fà.

giovedì 28 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


Erotica e sensuale in questo quadro di Paul Chabas del 1912, l' immagine di una giovane donna nuda che rabbrividisce  al contatto con la fredda acqua del lago di Annecy nell' Alta Savoia.
La Patafisica è una corrente artistica, fondata da Alfred Jarry, che si prefigge lo scopo di studiare il particolare e le eccezioni e spiegare l' universo supplementare al nostro fondendo in un tutt' uno l' immenso, l' ironia e l' assurdo.
Il colleggio degli amici di Jarry diede un legittimo riconoscimento al poeta Italiano futurista Vittorio Tomassini, in arte Farfa, per la sua vena poetico- letteraria felicemente anarchica.

Da " SINFONIALE LESBICO "

sette sale
à la casa mia
scompiscianti a crepamura
dalle slabrate porte
sempre spalancate

la sala lunedì
la sala giovedì
la sala venerdì
quella di marte
di mercurio
di saturno
e la domenicana
tappezzate dall' arcobaleno
nuove d' arredi ogni settimana

ricevo di settembre
alle sette di mattina
i sette peccati capitali
zicch anfitrione stravagante
munito di sette strumenti funzionali
eccezionali
con altrettante valigie
pei doppi distributori
d' energia

e certe scimunite
reduci dall' isola di lesbo
malate di saffomania
che incessanteente
si cercano
si trovano
si godono
e fan colazioncella
con fragolette di mammella

moltissime in coppia
rapidamente sfregano
reciprocamente
il clitorideo cerino che le accende
di bizzarre manie
espresse con singhiozzi desiali
e spesse volte l' una o l' altra d' esse
viene sviene rinviene

alcune fumano la prima macedonia
con la boccuccia seconda
altre
sdraiate
gli appetiti appagano
di fellatrici indefesse
in corti circuiti elettrizzate

quella ninfomane narra
d' aver disertato le corse
più non potendo resistere
di gettarsi ai cavalli vincitori
e racconta esaltando l' assemblea
di stalloni lucenti come laghi
che nell' istante supremo
stirano la fisarmonica costale
e sperduti nello sfinimento gaudioso
sbattono le narici ansanti
nelle criniere delle cavalle amanti

e quella domatrice
dice
che al circo
un domatore venne proboscitato
da un elefante di lei geloso
e assai geloso
d' ingambarle le calze con le zanne
rivolgendole l' interrogativo proboscidale
tra i ganci alti delle giarrettiere
poscia soggiunge tranquilla
che al suo padrone voronofizzato
lei preferiva l' urto tremendo
dell' innamorato potentissimo gorilla

la più bella scrive
con la stilografica
d' una poppa morsa a sangue
sull' archivolto schienale
della preferita
t' amo

la più raffinata di tutte
si compiace ancora
di quando passeggiava ignuda
in mezzo ad un convegno di pavoni
per farsi carezzare
con le code dai cent' occhi
che s' ingrandivano smisuratamente
dalla bramosia
luccicantissimi di voluttà

in ozio non istà nessuna
occupate tutte in varie guise
del lor delizioso piccolo negozio
labirinto di mucoserie

s' odono suoni
in gradazioni varie
di lievi formidabili fiutate

zicch sorride lieto
a queste fervidissime orazioni
canta morbide canzoni
inni superbi a tutte le lascive
e prima di spegnere
trenta archi elettrici
da tremila candele
con un colpo di starnuto
osserva obliqui sguardi
reclame luminosa di sensi
e vede
saettate e convulse
teste coscie teste coscie teste coscie
all' infinito...

venerdì 22 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA

RIUSCIRÀ MAI QUALCUNO A SIPEGARMI PERCHÈ MOLTI UOMINI PREFERISCONO IL TENNIS AL FOOTBALL ?

Antonio Cammelli detto il Pistoia, fu un poeta toscano che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Milano presso la corte di Ludovico il Moro.
La sua produzione metaforico-realistico-burlesca è importante perchè la musa della sua poesia ama soprattutto fornicare.

Nel bosco ombroso

Nel bosco ombroso de Monteficale,
Coniglian se ritrova alla collina
il qual con Monteritondo confina
alla distanza d' un piccolo canale.

In questa silva vive un animale
che quando a lui un altro s' avvicina,
lo piglia come il lupo la gallina
e quanto è più maggior non gli fa male.

Per bocca tolto questo, se lo mena:
tenutol quanto vol, poi for lo lassa,
piangendo, tutto tronco nella schena.

Alcun per Monteritondo ne passa,
per questo loco di più dolce vena:
nell' un si smagra e nell' altro s' ingrassa.

Qui robba assai è in cassa:
ciascun di lor hanno la sua minera,
nasce solfo nell' un, nell' altro cera.

Or chi della matera
sulfurea prima troppo s' empie i panni,
si fa baron di Francia per cent' anni

QUANDO DI VENER

Quando di Vener fu l'alma superba
insegna ritta intorno al campo dato,
in sù monte Ritondo, in un bel prato,
dove ancor non si trova un sol fil d' erba,

fu per un pezzo la battaglia acerba
con varie punte strette in ogni lato:
pur alfin saltò dentro allo steccato
il fiero capitan senza far verbo:

e 'nanti e 'ndrieto andando il paladino,
alla porta accostò quei due prelati
che voglion sempre il borgo a lor dimino;

e per la guazza che cascò in quei prati
sorse per forza tutto il rivellino
dove sogliono ir sempre e buon soldati;

e per pietà de' fati
essendo stanco il capitan audace
fece piangendo una suave pace

E questo non mi spiace,
che stando tutto affaticato e molle
s' addormentò tra l' uno e l' altro colle

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU

LA MONECA INTRA LLU LIETTU

Nna sira te scinnaru, bonsignore ca se truaa a Lu Cugnanu pe nna visita lla chiesia matrisce te papa Cajazzu, nu llu sta cuddhraa cu torna a Uscentu percene sta fascia mutu friddu.
Pe stu fattu ose rrimagna cu ddorme addhrai, llora nci tisse llu papa cu nni sistema nna cammera, cu lla scarfa bbona, bbona e cu nci minte la moneca intra llu liettu.
 Papa Cajazzu ca sapia bbuenu ca la moneca ete lu scarfaliettu, ose nci fazza nnu scherzu a bonsignore, fisce estere te moneca la serva soa, la fisce curcare intra llu liettu e spettau cu bbiscia cce ffettu nci fascia llu bonsignore.
Quandu bonsignore sciu cu sse curca, se ttruau ddhra moneca intra llu liettu e ncignau cu chiama papa Cajazzu :
" Arciprievete! arciprievete !"                
Papa Cajazzu, te fore lla porta te bonsignore nci ddummandau :
" Cce nc' ete bonsignore ? "
" T' aggiu tittu mme minti la moneca intra llu liettu e tie cce mm' à misu ?"
" Comu bonsignore à cumandatu, aggiu misa la moneca intra llu liettu cu tte scarfa bbuenu, bbuenu "
" Ma ieu nu mbulia quista, te moneca, ma quiddhra te taula "
" Bonsignore, ma la moneca te carne scarfa mprima e mejiu te  quiddhra te taula "
Bonsignore ddhra sira bbesugnau sse pentisce percene nu mbose la moneca te papa Cajazzu, nci tuccau ddorme llu friddu e rescelatu tutta la notte.

LA MONACA NEL LETTO

Una sera di gennaio, il vescovo che era andato in visita a Lucugnano per vedere la chiesa madre di papa Galeazzo, a causa del freddo intenso, non avendo voglia di tornare ad Ugento, gli disse di preparargli una stanza bella calda, calda e di mettere la monaca a scaldargli il letto.
Papa Galeazzo che sapeva bene che la monaca è uno scaldaletto, volle fare uno scherzo al vescovo, fece finta di non capire, ordinò alla sua perpetua di vestirsi da monaca e la fece coricare nel letto del vescovo, quindi aspettò per vedere la reazione di quest' ultimo.
Quando il vescovo andò per coricarsi, si trovò la monaca affianco nel letto, allora iniziò a chiamare papa Galeazzo :
" Arciprete, arciprete !"
Papa Galeazzo da fuori la porta della stanza chiese :
" Cosa c' è monsognore ? "
" ti avevo detto di mettere la monaca nel letto, e tu cosa ci hai messo ?"
" Come monsignore ha ordinato, ho messo la monaca nel letto, così la scalda ben, bene "
" Ma io non volevo questa monaca, ma quella di legno "
" Ma monsignore la monaca di carne scalda prima e meglio di quella di legno "
Il vescovo quella sera dovette pentirsi della propria decisione di non volere nel letto una monaca di carne, dormì da solo e tutto infreddolito pensando che magari effettivamente una monaca di carne scalda meglio e prima.

giovedì 21 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA





Anche nella pubblicità l' uso di immagini erotiche viene spesso usato allo scopo di far meglio apprezzare le qualità di un prodotto o di un panorama mozzafiato ?

Per restare in tema di modernità, una poesia goliardica di autore ignoto che qualche tempo  fa veniva declamata presso l' ateneo partenopeo, anche se scritta in lingua italiana
I versi della goliardia, sono sempre stati improntati all' irriverenza ed al divertimento molto spesso satirici.

CADENDO DAL BALCON

Cadendo dal balcon, suor Margherita
finì cul culo sul cazzo di fra Carlo.
Si ruppe il cul, ma n' ebbe salva la vita.
Si domanda : doveva ringraziarlo ?
Dato per certo che la pia creatura,
tutta compresa di mortal spavento,
non provò il gusto de l' inculatura,
la si dispensa dal ringraziamento

CAMPAGNOLA

Mmienz' 'à campagna Matalena caca
e cu na fronna se ppulezza 'o mazzo.
Aitano 'o parulano 'a guarda, arrizza
e cu na mano s' accarezza 'o cazzo

mercoledì 20 gennaio 2016

FILATROCCHE E CANTILENE


Mmienzu lle filastroccule ca le mamme cuntaanu lli fiji loru nc' era puru quista:
Fra le filastrocche che le mamme raccontavano ai propri figli vi era anche la seguente : 

Quista era nna filastroccula ca spicciaa cu nna scoppula ncapu llu piccinnu
Alla fine di questa filastrocca, la mamma dava un dolce scappellotto al bimbo

Sutta sta capu santa                                      Sotto questa testa santa

nna merula nci canta                                    un merlo vi canta
nna merula nci pica                                      un merlo vi cracchia
nna scoppula nci tira                                    uno scappellotto vi tira 

Un' altra

Turdu malurdu pieti suttili                           Tordo maledetto piedi sottili
cu tte futti le ulie                                           per rubarti le olive
te menasti a ccitere                                       ti sei fatto uccidere

Fimmena ca nu bidde mai lu nare,              Donna che non aveva mai visto il mare, 
quandu lu idde ni pariu picciccu                  quando lo vide le parve piccolo 
idde tante te bbarche nnaecare,                    vide tante barche navigare,
e ni parsera ale te jaddhrina                          e le parvero ali di gallina

martedì 19 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA

IL VINO REGALO DELLA NATURA
E NAUFRAGAR M' È  DOLCE IN QUESTO MAR
Il 23 aprile  del 1554, moriva a soli 31 anni a Venezia, forse per suicidio, la poetessa Gaspara Stampa, ammiratissima nella colta città lagunare del tempo sia per la sua bellezza che per le poesie che ci ha lasciato.
La sua vita, non fu certamente un esempio di moralità, le si attribuiscono infatti numerosi amanti, nondimeno il valore dei suoi versi ne venivano per ciò sminuiti.
Sicuramente però, le creò qualche avversario ( forse fra qualche donna gelosa ? ), il sonetto che segue, peraltro di autore anonimo, infatti ne è la dimostrazione, esso è scritto con la chiara intenzione di nuocere alla reputazione della poetessa

FERMATI VIATOR

Fermati viator,, se saper vuoi
l' esito de la mia vita meschina:
Gaspara Stampa fui, donna e reina
di quante unqua puttane fu tra voi.
M' ebbe vergine il Gritti, ed ho da poi
fatto di mille e più cazzi ruina;
vissi sempre di furto e di rapina;
m' uccise un cazzo con gl' impiti suoi,  [.....]
Va in pace, e, per temprare mia penuria,
annientami col membro tuo virile,
che sol quel, mentre vissi, mi piaceva.

lunedì 18 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA



Vi sono immagini e foto che  non avrebbero bisogno di  commenti, tale è la carica erotica che diffondono.
La sensualità che alcune immagini ci esprimono sono la dimostrazione di ciò che gli autori hanno saputo trasmetterci.
Fausto Maria Martini apparteneva al drappello dei cosidetti poeti crepuscolari,
Poeti che contrapponevano una sorta di dissacrante ironia verso quei valori che invece erano espressi dai colti poeti e letterati di fine ottocento.

Fausto Maria Martini
da " ELEGIA DEL PRIMO ABITO DECOLLETTE "

L' educanda ha sete
di fantasie con ombra di peccato.
Non hai paura ? Avanzati ! È sbocciato

un fior del male e la tua mano lambe
il morbido velluto delle gambe,

e sale tremebonda e giunge dove
fioriscono sul petto le due nuove

rose..... Nuove ! Oh! son già tre primavere,
nè sanno l' appassire delle sere

quei boccioli socchiusi: ora, li guardi.....
Ti guardano essi ! Son rose o cardi ?

TISCE NNU SAGGIU

STO PLOVELBIO È UN PO' STLANO
SALÀ FOLSE CH' È NOSTLANO ?


Mmara mmie tisse lu presuttu                     Povero me disse il prosciutto,
feddhra, feddhra me ne vau tuttu                fetta, fetta me ne vado tutto

Ci caca mpubbricu,                                      Chi caga in pubblico,    
mmoscia lu culu                                           mostra il culo

Ci prufuma te sapire                                    Chi presume di sapere
à spicciatu te mparare                                  ha finito d' imparare

Santu Caietanu meu                                    San Gaetano mio
pruitisci li prituti                                          proteggi i provveduti
ca li spruituti suntu bbituati                        che gli sprovveduti sono abituati 

Santu ddiu pruitisci li pruituti                     Sant' iddio proteggi i provveduti
senza tte scuerdi te li spruituti                     senza scordarti degli sprovveduti
ca se quiddhri suntu mparati                      che se quelli sono imparati
quisti l' ai malevversati                                questi li hai male avversati

Ci à fatti li pruerbi nu à sbajatu                  Chi ha fatto i proverbi non ha sbagliato  

Ci tene nasu tene crianza                             Chi ha naso ha creanza 

domenica 17 gennaio 2016

INDOVINELLI MALIZIOSI



Quantu cchiù ressu l' ommu lu porta      Quanto più grosso ce l'ha l' uomo
tantu la fimmina cchiui se cunforta         tanto più la donna si conforta

Unu e trete suntu ieu                                 Uno e trino sono io
suntu lu principiu te lu mundu                 sono il principio del mondo
e nu ssuntu ddiu                                         e non sono dio

Ci ti scancau, cummare,                             Chi ti aprì le gambe, comare,
mo fasce l' anno.                                         mo fa l' anno.
Mo iti ca te scanca puru st' annu               Mo vedi che te le apre pure quest' anno

Stae mmienzu a ddo culonne,                     Sta in mezzo a due colonne
se la tenenu cara le donne,                         se la tengono cara le donne
Notte e giurno sempre paru                         Notte e giorno sempre pari
se la tenenu cara, cara                                se la tengono cara, cara

Quale ete ddhra stozza te carne                   Qual'è quel pezzo di carne
ca face fare cchiù peccati                             che fa fare più peccati
alle fimmine ?                                                alle donne ?

SOLUZIONI  

1)  Lu portafogliu                                             Il portafogli
2)  Lu cazzu                                                      Il pene
3)  Lu scarfaliettu                                             Lo scaldino
4)  La fete                                                          La fede nuziale
5)  La lingua                                                     La lingua  

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