sabato 30 gennaio 2016

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU

LU SPOSALIZZIU ETE NNU CUMBATTIMIENTU

Lu bbarone te Tiscianu era ecchiu te anni, ma s' ia te picca nsuratu cu nna ggiovene carusa; nnu ggiurnu ca se ttruau a rraggiunare cu papa Cajazzu, ose nci ddummanda cce nde pensaa iddhru te lu spusalizziu.
" Lu sposalizziu ete nnu cimientu - nci respuse papa Cajazzu - percene quandu lu maritu staie nnu picca nnanti cu li anni, mute fiate lu  tocca cu ttroa pezze a culure, ca nu nci nchiana.

IL MATRIMONIO È UN DUELLO

Il barone di Tiggiano, avanti con gli anni, aveva da poco sposato una giovane donna; un giorno, mentre discuteva con papa Galeazzo, volle chiedergli cosa ne pensasse del matrimonio.
" Il matrimonio è un duello - cli rispose papa Galeazzo - specie quando il marito è un po' avanti con gli anni, molte volte gli tocca trovare delle scuse puerili, perchè non ce la fà.

giovedì 28 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


Erotica e sensuale in questo quadro di Paul Chabas del 1912, l' immagine di una giovane donna nuda che rabbrividisce  al contatto con la fredda acqua del lago di Annecy nell' Alta Savoia.
La Patafisica è una corrente artistica, fondata da Alfred Jarry, che si prefigge lo scopo di studiare il particolare e le eccezioni e spiegare l' universo supplementare al nostro fondendo in un tutt' uno l' immenso, l' ironia e l' assurdo.
Il colleggio degli amici di Jarry diede un legittimo riconoscimento al poeta Italiano futurista Vittorio Tomassini, in arte Farfa, per la sua vena poetico- letteraria felicemente anarchica.

Da " SINFONIALE LESBICO "

sette sale
à la casa mia
scompiscianti a crepamura
dalle slabrate porte
sempre spalancate

la sala lunedì
la sala giovedì
la sala venerdì
quella di marte
di mercurio
di saturno
e la domenicana
tappezzate dall' arcobaleno
nuove d' arredi ogni settimana

ricevo di settembre
alle sette di mattina
i sette peccati capitali
zicch anfitrione stravagante
munito di sette strumenti funzionali
eccezionali
con altrettante valigie
pei doppi distributori
d' energia

e certe scimunite
reduci dall' isola di lesbo
malate di saffomania
che incessanteente
si cercano
si trovano
si godono
e fan colazioncella
con fragolette di mammella

moltissime in coppia
rapidamente sfregano
reciprocamente
il clitorideo cerino che le accende
di bizzarre manie
espresse con singhiozzi desiali
e spesse volte l' una o l' altra d' esse
viene sviene rinviene

alcune fumano la prima macedonia
con la boccuccia seconda
altre
sdraiate
gli appetiti appagano
di fellatrici indefesse
in corti circuiti elettrizzate

quella ninfomane narra
d' aver disertato le corse
più non potendo resistere
di gettarsi ai cavalli vincitori
e racconta esaltando l' assemblea
di stalloni lucenti come laghi
che nell' istante supremo
stirano la fisarmonica costale
e sperduti nello sfinimento gaudioso
sbattono le narici ansanti
nelle criniere delle cavalle amanti

e quella domatrice
dice
che al circo
un domatore venne proboscitato
da un elefante di lei geloso
e assai geloso
d' ingambarle le calze con le zanne
rivolgendole l' interrogativo proboscidale
tra i ganci alti delle giarrettiere
poscia soggiunge tranquilla
che al suo padrone voronofizzato
lei preferiva l' urto tremendo
dell' innamorato potentissimo gorilla

la più bella scrive
con la stilografica
d' una poppa morsa a sangue
sull' archivolto schienale
della preferita
t' amo

la più raffinata di tutte
si compiace ancora
di quando passeggiava ignuda
in mezzo ad un convegno di pavoni
per farsi carezzare
con le code dai cent' occhi
che s' ingrandivano smisuratamente
dalla bramosia
luccicantissimi di voluttà

in ozio non istà nessuna
occupate tutte in varie guise
del lor delizioso piccolo negozio
labirinto di mucoserie

s' odono suoni
in gradazioni varie
di lievi formidabili fiutate

zicch sorride lieto
a queste fervidissime orazioni
canta morbide canzoni
inni superbi a tutte le lascive
e prima di spegnere
trenta archi elettrici
da tremila candele
con un colpo di starnuto
osserva obliqui sguardi
reclame luminosa di sensi
e vede
saettate e convulse
teste coscie teste coscie teste coscie
all' infinito...

venerdì 22 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA

RIUSCIRÀ MAI QUALCUNO A SIPEGARMI PERCHÈ MOLTI UOMINI PREFERISCONO IL TENNIS AL FOOTBALL ?

Antonio Cammelli detto il Pistoia, fu un poeta toscano che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Milano presso la corte di Ludovico il Moro.
La sua produzione metaforico-realistico-burlesca è importante perchè la musa della sua poesia ama soprattutto fornicare.

Nel bosco ombroso

Nel bosco ombroso de Monteficale,
Coniglian se ritrova alla collina
il qual con Monteritondo confina
alla distanza d' un piccolo canale.

In questa silva vive un animale
che quando a lui un altro s' avvicina,
lo piglia come il lupo la gallina
e quanto è più maggior non gli fa male.

Per bocca tolto questo, se lo mena:
tenutol quanto vol, poi for lo lassa,
piangendo, tutto tronco nella schena.

Alcun per Monteritondo ne passa,
per questo loco di più dolce vena:
nell' un si smagra e nell' altro s' ingrassa.

Qui robba assai è in cassa:
ciascun di lor hanno la sua minera,
nasce solfo nell' un, nell' altro cera.

Or chi della matera
sulfurea prima troppo s' empie i panni,
si fa baron di Francia per cent' anni

QUANDO DI VENER

Quando di Vener fu l'alma superba
insegna ritta intorno al campo dato,
in sù monte Ritondo, in un bel prato,
dove ancor non si trova un sol fil d' erba,

fu per un pezzo la battaglia acerba
con varie punte strette in ogni lato:
pur alfin saltò dentro allo steccato
il fiero capitan senza far verbo:

e 'nanti e 'ndrieto andando il paladino,
alla porta accostò quei due prelati
che voglion sempre il borgo a lor dimino;

e per la guazza che cascò in quei prati
sorse per forza tutto il rivellino
dove sogliono ir sempre e buon soldati;

e per pietà de' fati
essendo stanco il capitan audace
fece piangendo una suave pace

E questo non mi spiace,
che stando tutto affaticato e molle
s' addormentò tra l' uno e l' altro colle

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU

LA MONECA INTRA LLU LIETTU

Nna sira te scinnaru, bonsignore ca se truaa a Lu Cugnanu pe nna visita lla chiesia matrisce te papa Cajazzu, nu llu sta cuddhraa cu torna a Uscentu percene sta fascia mutu friddu.
Pe stu fattu ose rrimagna cu ddorme addhrai, llora nci tisse llu papa cu nni sistema nna cammera, cu lla scarfa bbona, bbona e cu nci minte la moneca intra llu liettu.
 Papa Cajazzu ca sapia bbuenu ca la moneca ete lu scarfaliettu, ose nci fazza nnu scherzu a bonsignore, fisce estere te moneca la serva soa, la fisce curcare intra llu liettu e spettau cu bbiscia cce ffettu nci fascia llu bonsignore.
Quandu bonsignore sciu cu sse curca, se ttruau ddhra moneca intra llu liettu e ncignau cu chiama papa Cajazzu :
" Arciprievete! arciprievete !"                
Papa Cajazzu, te fore lla porta te bonsignore nci ddummandau :
" Cce nc' ete bonsignore ? "
" T' aggiu tittu mme minti la moneca intra llu liettu e tie cce mm' à misu ?"
" Comu bonsignore à cumandatu, aggiu misa la moneca intra llu liettu cu tte scarfa bbuenu, bbuenu "
" Ma ieu nu mbulia quista, te moneca, ma quiddhra te taula "
" Bonsignore, ma la moneca te carne scarfa mprima e mejiu te  quiddhra te taula "
Bonsignore ddhra sira bbesugnau sse pentisce percene nu mbose la moneca te papa Cajazzu, nci tuccau ddorme llu friddu e rescelatu tutta la notte.

LA MONACA NEL LETTO

Una sera di gennaio, il vescovo che era andato in visita a Lucugnano per vedere la chiesa madre di papa Galeazzo, a causa del freddo intenso, non avendo voglia di tornare ad Ugento, gli disse di preparargli una stanza bella calda, calda e di mettere la monaca a scaldargli il letto.
Papa Galeazzo che sapeva bene che la monaca è uno scaldaletto, volle fare uno scherzo al vescovo, fece finta di non capire, ordinò alla sua perpetua di vestirsi da monaca e la fece coricare nel letto del vescovo, quindi aspettò per vedere la reazione di quest' ultimo.
Quando il vescovo andò per coricarsi, si trovò la monaca affianco nel letto, allora iniziò a chiamare papa Galeazzo :
" Arciprete, arciprete !"
Papa Galeazzo da fuori la porta della stanza chiese :
" Cosa c' è monsognore ? "
" ti avevo detto di mettere la monaca nel letto, e tu cosa ci hai messo ?"
" Come monsignore ha ordinato, ho messo la monaca nel letto, così la scalda ben, bene "
" Ma io non volevo questa monaca, ma quella di legno "
" Ma monsignore la monaca di carne scalda prima e meglio di quella di legno "
Il vescovo quella sera dovette pentirsi della propria decisione di non volere nel letto una monaca di carne, dormì da solo e tutto infreddolito pensando che magari effettivamente una monaca di carne scalda meglio e prima.

giovedì 21 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA





Anche nella pubblicità l' uso di immagini erotiche viene spesso usato allo scopo di far meglio apprezzare le qualità di un prodotto o di un panorama mozzafiato ?

Per restare in tema di modernità, una poesia goliardica di autore ignoto che qualche tempo  fa veniva declamata presso l' ateneo partenopeo, anche se scritta in lingua italiana
I versi della goliardia, sono sempre stati improntati all' irriverenza ed al divertimento molto spesso satirici.

CADENDO DAL BALCON

Cadendo dal balcon, suor Margherita
finì cul culo sul cazzo di fra Carlo.
Si ruppe il cul, ma n' ebbe salva la vita.
Si domanda : doveva ringraziarlo ?
Dato per certo che la pia creatura,
tutta compresa di mortal spavento,
non provò il gusto de l' inculatura,
la si dispensa dal ringraziamento

CAMPAGNOLA

Mmienz' 'à campagna Matalena caca
e cu na fronna se ppulezza 'o mazzo.
Aitano 'o parulano 'a guarda, arrizza
e cu na mano s' accarezza 'o cazzo

mercoledì 20 gennaio 2016

FILATROCCHE E CANTILENE


Mmienzu lle filastroccule ca le mamme cuntaanu lli fiji loru nc' era puru quista:
Fra le filastrocche che le mamme raccontavano ai propri figli vi era anche la seguente : 

Quista era nna filastroccula ca spicciaa cu nna scoppula ncapu llu piccinnu
Alla fine di questa filastrocca, la mamma dava un dolce scappellotto al bimbo

Sutta sta capu santa                                      Sotto questa testa santa

nna merula nci canta                                    un merlo vi canta
nna merula nci pica                                      un merlo vi cracchia
nna scoppula nci tira                                    uno scappellotto vi tira 

Un' altra

Turdu malurdu pieti suttili                           Tordo maledetto piedi sottili
cu tte futti le ulie                                           per rubarti le olive
te menasti a ccitere                                       ti sei fatto uccidere

Fimmena ca nu bidde mai lu nare,              Donna che non aveva mai visto il mare, 
quandu lu idde ni pariu picciccu                  quando lo vide le parve piccolo 
idde tante te bbarche nnaecare,                    vide tante barche navigare,
e ni parsera ale te jaddhrina                          e le parvero ali di gallina

martedì 19 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA

IL VINO REGALO DELLA NATURA
E NAUFRAGAR M' È  DOLCE IN QUESTO MAR
Il 23 aprile  del 1554, moriva a soli 31 anni a Venezia, forse per suicidio, la poetessa Gaspara Stampa, ammiratissima nella colta città lagunare del tempo sia per la sua bellezza che per le poesie che ci ha lasciato.
La sua vita, non fu certamente un esempio di moralità, le si attribuiscono infatti numerosi amanti, nondimeno il valore dei suoi versi ne venivano per ciò sminuiti.
Sicuramente però, le creò qualche avversario ( forse fra qualche donna gelosa ? ), il sonetto che segue, peraltro di autore anonimo, infatti ne è la dimostrazione, esso è scritto con la chiara intenzione di nuocere alla reputazione della poetessa

FERMATI VIATOR

Fermati viator,, se saper vuoi
l' esito de la mia vita meschina:
Gaspara Stampa fui, donna e reina
di quante unqua puttane fu tra voi.
M' ebbe vergine il Gritti, ed ho da poi
fatto di mille e più cazzi ruina;
vissi sempre di furto e di rapina;
m' uccise un cazzo con gl' impiti suoi,  [.....]
Va in pace, e, per temprare mia penuria,
annientami col membro tuo virile,
che sol quel, mentre vissi, mi piaceva.

lunedì 18 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA



Vi sono immagini e foto che  non avrebbero bisogno di  commenti, tale è la carica erotica che diffondono.
La sensualità che alcune immagini ci esprimono sono la dimostrazione di ciò che gli autori hanno saputo trasmetterci.
Fausto Maria Martini apparteneva al drappello dei cosidetti poeti crepuscolari,
Poeti che contrapponevano una sorta di dissacrante ironia verso quei valori che invece erano espressi dai colti poeti e letterati di fine ottocento.

Fausto Maria Martini
da " ELEGIA DEL PRIMO ABITO DECOLLETTE "

L' educanda ha sete
di fantasie con ombra di peccato.
Non hai paura ? Avanzati ! È sbocciato

un fior del male e la tua mano lambe
il morbido velluto delle gambe,

e sale tremebonda e giunge dove
fioriscono sul petto le due nuove

rose..... Nuove ! Oh! son già tre primavere,
nè sanno l' appassire delle sere

quei boccioli socchiusi: ora, li guardi.....
Ti guardano essi ! Son rose o cardi ?

TISCE NNU SAGGIU

STO PLOVELBIO È UN PO' STLANO
SALÀ FOLSE CH' È NOSTLANO ?


Mmara mmie tisse lu presuttu                     Povero me disse il prosciutto,
feddhra, feddhra me ne vau tuttu                fetta, fetta me ne vado tutto

Ci caca mpubbricu,                                      Chi caga in pubblico,    
mmoscia lu culu                                           mostra il culo

Ci prufuma te sapire                                    Chi presume di sapere
à spicciatu te mparare                                  ha finito d' imparare

Santu Caietanu meu                                    San Gaetano mio
pruitisci li prituti                                          proteggi i provveduti
ca li spruituti suntu bbituati                        che gli sprovveduti sono abituati 

Santu ddiu pruitisci li pruituti                     Sant' iddio proteggi i provveduti
senza tte scuerdi te li spruituti                     senza scordarti degli sprovveduti
ca se quiddhri suntu mparati                      che se quelli sono imparati
quisti l' ai malevversati                                questi li hai male avversati

Ci à fatti li pruerbi nu à sbajatu                  Chi ha fatto i proverbi non ha sbagliato  

Ci tene nasu tene crianza                             Chi ha naso ha creanza 

domenica 17 gennaio 2016

INDOVINELLI MALIZIOSI



Quantu cchiù ressu l' ommu lu porta      Quanto più grosso ce l'ha l' uomo
tantu la fimmina cchiui se cunforta         tanto più la donna si conforta

Unu e trete suntu ieu                                 Uno e trino sono io
suntu lu principiu te lu mundu                 sono il principio del mondo
e nu ssuntu ddiu                                         e non sono dio

Ci ti scancau, cummare,                             Chi ti aprì le gambe, comare,
mo fasce l' anno.                                         mo fa l' anno.
Mo iti ca te scanca puru st' annu               Mo vedi che te le apre pure quest' anno

Stae mmienzu a ddo culonne,                     Sta in mezzo a due colonne
se la tenenu cara le donne,                         se la tengono cara le donne
Notte e giurno sempre paru                         Notte e giorno sempre pari
se la tenenu cara, cara                                se la tengono cara, cara

Quale ete ddhra stozza te carne                   Qual'è quel pezzo di carne
ca face fare cchiù peccati                             che fa fare più peccati
alle fimmine ?                                                alle donne ?

SOLUZIONI  

1)  Lu portafogliu                                             Il portafogli
2)  Lu cazzu                                                      Il pene
3)  Lu scarfaliettu                                             Lo scaldino
4)  La fete                                                          La fede nuziale
5)  La lingua                                                     La lingua  

sabato 16 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA






Con l' avvento della moderna cultura, siamo tempestati da foto, immagini, messaggi che poco spazio danno all' immaginazione, la pornografia è divenuta di libero consumo e fruibile non solo da adulti.
Vedere o trovare un' immagine erotica che non sia pornografica diventa così un' impresa ardua.

Le rime medievali, legate allo sviluppo della polifonia profana esprimevano spesso esplicite vene di erotismo popolareggiante che in ambienti cortigiani e borghesi rendevano madrigali, cacce, ballate alquanto pizzicanti e coinvolgenti.
Eccovi alcune rime destinate alla musica medievale :

QUESTO MIO NICCHIO

Questo mio nicchio, s' io nol picchio,
l' animo mio non mi lassa stare.

Questo mio micchio vorrebb' uno;
molto si guarda dal digiuno;
per lo istar diventa bruno;
io lo intendo adoperare.

Questo mio nicchio egli è si fatto;
e' non è si folle o matto
che chi v' entra e vol far patto
che il pegno vi dea lassare.

Questo mio nicchio egi è ritroso;
intorno, intorno egli è piloso;
pare il diavol quand' è cruccioso;
madre mia non indugiare.

De le minor ci è di noi
che hanno marito e figlioi,
ed io trista guardo i buoi,
che si possin scorticare.

DATE BECCARE ALL' UGELLINO MIO

Date beccare all' ugellino mio,
donne e fanciulle, per l' amor di dio.

Questo ugellino gli è tanto bello,
ardito e forte co' un lioncello;
un dipintor nol farebbe più bello,
com' egli ha fatto la testa e 'l su' crino.

Quest' ugellino è vago dell' ova,
vanne crecando quantunque se truova;
quando v' è dentro non par che si mova,
e poi se n' esce un cotal pocolino.

E non si cura là donde s' attuffa,
perchè li sappi di feccia o di muffa;
cacciasi dentro alla baruffa,
cacciasi dentro quel buon piccolino.

Chi lo vedesse così ben armato
andare alla giostra quel dileggiato;
dà solo un colpo ed è iscavallato;
torna piangendo com' un fanciullino.

Questo ugellino egli è costumato;
nanti alle donne non tien nulla in capo;
egli sta dritto e sta incappucciato;
e mai non cura nè gel nè serino.

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU


LA FOTU CU LLU PAPA

Te papa Cajazzi nci nd' ete a tutti li paisi e de culacchi ca se cuntanu nci nd' ete sempre te nei.
Mute fiate però puru le biatille fascenu la parte loru e li culacchi li sapenu facere megghiu te li prieveti ca picca nde olenu pe lu male passu.
Quandu papa Cajazzu era ncora giovene, sapimu ca nu tenia nna chiesia soa, e , pe stu fattu scia ggirandu pe lle chiesie te nnanti llu paise sou cu ddescia nna manu lli prieveti ca nd' ianu bbesuegnu.
nci fose nnu periudu ca stese a Muntruni e nnu giurnu idde ca nna cristiana sta ggiraa curiusitusa intra llu stutiu sou,se vvicinau e nci ddummandau ci pe cci sa ia bbesuegnu te quarche cosa.
DDhra cristiana nci respuse :
" Papa, ma tie nu tieni nuddhra fotografia cu llu papa ?"
" No, nu nde tegnu " respuse papa Cajazzu
" Sai percene neputema intra llu studiu sou nde tene ddoi soi cu llu papa " sciunse ddhra biatilla
Papa Cajazzu la uardau e nci respuse ntorna :
" Sai ieu nu tegnu nuddhra fotu cu llu papa, ma sacciu ca iddhru, intra llu studiu sou, nde tene una cu mie ".  

LA FOTO COL PAPA

Di papa Galeazzi ce ne sono in tutti i paesi, e di culacchi che se ne raccontano ce ne sono sempre di nuovi.
Molte volte, però, pure le bigotte fanno la loro parte ed i culacchi li compiono meglio dei preti, che sanno bene come rispondere per le rime.
Quando papa Galeazzo era un giovane prete, sappiamo che non aveva ancora una propria parrocchia, perciò girava per le parrocchie del circondario per aiutare i parroci che ne avevano bisogno; un periodo lo trascorse pure a Monteroni ed un giorno vide una donna che si aggirava curiosando nel suo studio, si avvicinò e chiese se per caso avesse bisogno di qualcosa.
La donna gli rispose :
" Padre, ma tu non hai nessuna foto con il papa ? "
" No, non ne ho " rispose papa Galeazzo
" Sai, perchè mio nipote, nel suo studio, ne possiede due sue col papa" soggiunse la bigotta
Papa Galeazzo la guardò e le rispose ancora :
" È vero io non ho una mia foto col papa, ma so per certo che lui ne ha una con me nel suo studio ".

venerdì 15 gennaio 2016

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZO

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MANU FASCITI COMU IEU FAZZU

ETIMU SE RETITI PURU PE LLU NANTI
 
Osce li prieveti nu bbusanu cchiui le toneche niure ca usanu quarche tiempu rretu, se estenu a civile e quarche tunu puru ca pare nu picca trascuratu comu llu prievete te Fricule ca ae sempre cu lli sandali comu lli moneci e se este cu lli ggins; e ca parla puru cu mie ca suntu l' anticristu.
Quandu però se mentianu la toneca, scianu cchiù commuti spescie te state ca se putianu  estere ce la toneca e nna camisa, popriu comu fascia papa Cajazzu; a propositu leggitibbu moi stu culacchiu  te lu papa :
Nna dduminica te state ca sta descia missa e ia salutu susu llu purpetu cu tisce lu sarmone mentre ca sta parlaa ni inne cu sternutisce e pe stu fattu se ggirau te spaddhre lla ggente e calanduse le manu intra lla toneca sta cercaa lu mmuccaturu, siccomu però nu sta riuscia cu ttroa lu saccutieddhru ca tenia ttaccatu sutta lla toneca , cu lu cerca meju se ntesau la toneca, ma, senza sse nde ccorge se ntesau puru la camisa a nni musciau lla ggente lu culu.
Tutti li feteli ca stianu ddhrai se misera a ritere e llu sacristanu ca sta servia missa cu iddhru, etendu lu culu te papa Cajazzu cittu, cittu, nci la tisse.
Papa Cajazzu, ntisu stu fattu se ggirau lla ggente e nci tisse a tutti, ntesanduse ntorna la camisa :
" Ati risu pe llu retu, mo etimu se retiti puru pe llu nanti ! "

VEDIAMO SE RIDETE PURE PER IL DAVANTI

Oggi i preti non usano più le tonache nere che usavano fino a qualche tempo addietro, usano vestiti civili e, qualcuno sembra pure un po' trascurato, come il prete di Frigole che usa sandali come i monaci e jeans, e parla pure con me che sono l' anticristo
Quando però usavano la tonaca, specie in estate, per sentirsi più comodi, usavano mettersi addosso solo la tonaca ed una camicia, così faceva anche papa Galeazzo; a proposito, leggetevi ora questo culacchio che lo riguarda :
Una domenica d' estate, mentre recitava la messa ed era salito sul pulpito per il sermone, mentre parlava gli venne di dover fare uno starnuto, allora si girò spalle ai fedeli e cercò il fazzoletto che teneva nella saccoccia legata sotto la tonaca, non riuscendo ad in filare la mano nalla saccoccia, sollevò la tonaca, così facendo però sollevò anche la camiciae mostrò ai fedeli il proprio culo.
Tutti i fedeli a quella vista iniziarono a ridere ed il sagrestano che vide quanto accadeva, bisbigliando sottovoce lo disse a papa Galeazzo.
Capito quanto accadeva, papa Galeazzo, si girò verso i fedeli e sollevando di nuovo la camicia, disse loro :
" Avete riso per il dietro, ora vediamo se ridete pure per il davanti ! "



giovedì 14 gennaio 2016

FILASTROCCHE E CANTILENE


LI CECHI TE LI PICCICCHEDDHRI
 
Fra li cechi ca le mamme nosce fascianu cu nui piccinni, pezzecanduni le tiscete, comu llu :

Pinguli, pinguli Giuacchinu
quandu camini tteppi nterra
tie si quantu nnu pulecinu
pinguli, pinguli Giuacchinu; 

nci nd' era nn' autru ca se fascia puru quiddhru cu lle tiscete, se partia te lu tiscetu ressu e, passandu pe tutti quanti se rriaa llu tisceticchiu; pizzecanduli chianu chianu, senza nni fazza male, la mamma tescia:

" Te cquai passau la urpe "   e pezzecaa lu tiscetu ressu
" Quistu la idde"                      e tuccaa lu tiscetu te lu nasu
" Quistu la sparau "                llu tiscetu te mienzu
" Quistu la cucinau"             llu tiscetu te lu nieddhru  
" Quistu se la mangiau"       llu tisceticchiu
all' urtimu lu rechiddhrecaa susu lla panza tescendu
" e piripicchiu nu nde ibbe "

I GIOCHI DELL' INFANZIA

Fra i giochi che le nostre mamme fecevano con noi piccolini, pizzicandoci le dita, come nel  :

Pinguli, pinguli Gioacchino,
quando cammini strisci per terra,
tu sei quanto un pulcino,
pinguli, pinguli Gioacchino;

ve ne era un altro che si giocava anch' esso con le dita, iniziando dal pollice e fino al mignolo, si pizzicavano in modo indolore una alla volta le dita e, si recitava questa tiritera :

" Da qui passò la volpe " pizzicando il pollice
" Questo la vide "             Toccando l' indice
" Questo la sparò "           medio
" Questo la cucinò "          anulare
" Questo se la mangiò "    mignolo
Alla fine lo solleticava sullo stomaco dicendo
" E piripicchio non ne ebbe ".
 

mercoledì 13 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


Che Boccaccio non ci abbia lasciato un Decamerone in versi, è sicuramente una grave mancanza.
Per fortuna, in sua vece, a porre riparo a questo dispetto fattoci dal poeta trecentesco, ci pensò un poeta del '500, Brusantino, del quale ci occuperemo in seguito.
Ciò nonostante i Boccaccio ci ha fornito altri spunti per poterlo annoverare in questo nostro repertorio di poeti dell' erotico.
L' episodio del quale ci occupiamo oggi, descrive la deflorazione della ninfa Mensola da parte del satiro Africo; con l' aiuto ed i  consigli di Venere; egli si traveste da ninfa e riesce a rapire e violentare la ninfa che assieme ad altre sta facendo, ignara, un bagno ed è completamente nuda, sarà perciò agevolato Africo nelle sue intenzioni.
Notevole inoltre la descrizione in versi dell' amplesso in tutte le sue fasi, dallo  stupro fino al rilassamento dopo l' eiaculazioneche ci dà ( se ce ne fosse bisogno ) una visione chiara del talento del Boccaccio.
Il Ninfale Fiesolano è l' opera che contiene  questo episodio, quest' opera tratta, in versi, una leggenda sulla fondazione di Fiesole e Firenze.

Dal NINFALE  FIESOLANO  ( strofe 234 / 245 )

Ell' eran già tanto giù per lo colle
gite, ch' eran vicine a quella valle
ch' e' duo monti divide, quando volle
d' Africo Amor le voglie contentalle,
nè più oltre che quel giorno indugiolle,
trovando modo ad effetto menalle;
Chè, mentre in tal maniera insieme gieno
nella valle, acqua risonar sentieno.

Ne furon guari le ninfe oltre andate,
che trovaron due ninfe tutte ignude,
che 'n pelagio d' acqua erano entrate,
dove l' un monte con l' altro si chiude;
 e giunte lì, s' ebbon e gonne alzate
e tutte quante entrar nell' acque crude,
con l' altre ragionando nel bagnare.
" che farem noi ? Voglianci noi spogliare ? "  

Perch' allor era la maggior calura
che fosse tutto il giorno e dal diletto
tirate di quell' acqua alla frescura,
e veggendosi senz' alcun sospetto,
e l' acqua tanto chiara e netta e pura,
diliberaron far com' avean detto,
e per bagnarsi ognuna si spogliava;
e Mensola con Africo parlava,

e si diceva: " O compagna mia cara,
bagnera'ti tu qui con esso noi ? "
Africo disse con la voce chiara :
" Compagne mie, i' farò quel che voi,
nè cosa che vogliate mi fia amara ".
E fra se stesso si diceva poi :
" S'elle si spoglian tutte, al certo ch' io
non terrò più nascosto il mio desio ".

Ed avvisossi di prima lasciarle
tutte spogliar, e poi egli spogliarsi,
acciò che le lor armi adoperarle
contra di lui non potessono; ed a trarsi
cominciò lento il vestir per poi farle,
quando nell' acqua entrasse per bagnarsi,
per vergogna fuggir pei boschi via,
e Mensola per forza riterria.

E nnanzi che spogliato tutto fosse,
le ninfe eran nell' acqua tutte quante;
e poi spogliato verso lor si mosse,
mostrando tutto ciò ch' avea davante.
Ciascuna delle ninfe si riscosse,
e, con boce paurosa e tremante,
cominciarono urlando : " Omè, omè,
or non vedete chi costui è ? "

Non altrimenti lo lupo affamato
percuote alla gran turba di agnelli,
ed un ne piglia e quel se n' ha portato,
lasciando tutti gli altri tapinelli;
ciascun belando fugge spaventato,
pur procacciando di campar le pelli;
così correndo Africo per quell' acque,
sola prese colei che più gli piacque.

E tutte ' altre ninfe molto in fretta
uscir dall' acqua a lor vestir correndo;
nè però niuna fu che lì sel metta,
ma coperte con essi via fuggendo,
chè punto l' una l' altra non aspetta,
nè mai dietro si givan volgendo;
ma chi qua e chi la si dilegoe,
e ciascuna le sue armi lascioe.

Africo tenea stretta con le braccia
Mensola sua nell' acqua, che piangea,
e baciandole la vergine faccia,
cotà parole verso lei dicea:
" O doce la mia vita, non ti spiaccia
se io t'ho presa, chè Venere iddea
mi t' ha promessa, cuor del corpo mio,
deh, più non pianger per l' amor di dio! "

Mensola le parole non intende
ch' Africo le dicea, ma quanto puote
con quella forza ch' ell ha si difende,
e fortemente in qua e in là si scuote
dalle braccia di colui che l' offende,
bagnandosi di lagrime le gote;
ma nulla le valea forza o difesa,
ch' Africo la tenea pur forte presa.

Per la contesa che facean si desta
tal che prima dormia malinconoso,
e, con superbia rizzando la cresta,
cominciò a picchiar l' uscio furioso;
e tanto dentro vi diè della testa,
ch'egli entrò dentro, non già con riposo,
ma con battaglia grande ed urlamento
e forse che di sangue spargimento.

Ma poi che messer Mazzone ebbe avuto
Monteficalli, e nel castello entrato,
fu lietamente dentro ricevuto
da que' che pria lo avean contrastato;
ma poi che molto si fu dibattuto,
per la terra lasciare in buono stato,
per pietà lagrimò e del castello
uscì poi fuor, umil più d' un agnello.

martedì 12 gennaio 2016

L'EROTISMO FRA ARTE E POESIA

Era frequente nei secoli passati, rimanere invischiati nei meandri delle lotte politiche, e. se non eri personaggio di grande potere o non godevi della protezione di qualche potente capitava anche di finire impiccato.
Questo fu infatti il destino di Nicolò Franco, poeta già collaboratore di Pietro Aretino che aveva fatto dell' ingiuria e della più calunniosa maldicenza in poesia e dell' oscenità la sua musa prediletta.
Generalmente tutti pensando all' eros lo abbiniamo al corpo femminile, il Franco, invece volle dare alla sua opera un orientamento al maschile.
Nella prefazione della Priapea, egli così si presenta :

" Qui non istorie, bei tappeti o arazzi
veder si ponno, nè cantar divino
che fra gli Orlandi furiosi e pazzi.
Non di Damasco, nè di panno fino
addobbati versetti, ma sol cazzi,
che terrerebben la foja all' Aretino ".

GRAN COSA È IL CAZZO

Gran cosa è il cazzo, se 'l vogliam guardare
che non ha piedi, ed entra ed esce fuore,
ch'è disarmato, ed ha così gran core
che non ha taglio e puote insanguinare

Gran cosa è poi, e gran miracol pare,
ch' è senza orecchi e sente ogni rumore,
che non ha naso e piacegli l' odore,
che non ha occhi e vede dove andare.

Gran cosa è ben da croniche e da annali,
che non ha mani e cerca di ferire,
che non ha gambe e vuole gli stivali.

Ma cosa più mirabile a sentire,
Ch' entrando in corpo a furie infernali,
e sano e salvo se ne sappia uscire.

VUOLE ALCUN, CHE 'L CAZZETTO.......

Vuole alcun, che il cazzetto piccino
piaccia alla donna, purchè sia saccente,
e sappia con destrezza e finamente
fregar la spazzatura del camino.

Dice altri, ch' ella 'l vuole cavallino,
e che in grossezza non gli manchi niente,
e sia terribilissimo e possente
più ch' oggi in Roma il cazzo d' Antonino.

E tal lingua che chiacchiera e cicala,
ch' ella non voglia se non è sì forte,
che faccia di due camere una sala.

Ma le son baje e ciance poco accorte
che o grossi o corti o lunghi come scala,
aman le donne cazzi d' ogni sorte.

CHE DEVO FAR ?

" Che devo far ? che mi consigli amore ? "
di premavera volano novelle.
Vaghi augelletti cantano alle stelle,
e cani e cagne sentono l' odore.

Le potte quasi scoppiano d' ardore
nè capir ponno i cazzi ne la pelle :
" e per boschi allegre fere e snelle "
tutte vanno per fottere a rumore.

Ond' i' pover mi macero in sospiri,
per la memoria di quel dì cagnazzo
" che fu principio a sì lunghi martiri ".

E per vederni privo di sollazzo,
do per questo orto mille passi e giri,
tanto ch' è forza ch' io mi meni il cazzo.

 

 


TISCE NNU SAGGIU

STO PLOVELBIO UN POCO STLANO
SALÀ FOLSE CH' È NOSTLANO ?


Puerci a missa                                               Porci a messa
e pecure a mprucessione                               e pecore in processione 

Se lu puercu tinia l' ali                                  Se il porco avesse le ali
lu chiamavane rcangelu Gabbrieli               lo chiamerebbero arcangelo Gabriele         

Frunte te pueru more curnuta                      La fronte del povero muore cornuta

La pignata llu prevete li ferve                        La pignata del prete bolle
cu llu fuecu te lu purgatoriu                          con il fuoco del purgatorio

Prieveti a nterra, prieveti a ncelu                  Preti in terra, preti in cielo
picca prieveti llu vangelu                               pochi preti al vangelo

Prieveti, moneci e cani,                                  Preti, monaci e cani, 
tieni sempre nna mazza mmanu                    tieni sempre un bastone fra le mani

Santa Matalena                                               Santa Maddalena
sciu lla igna e turnau prena                            andò alla vigna e tornò imcinta

Ogne ciucciu se prescia                                   Ogni asino gioisce
quannu raja                                                      quando raglia  

lunedì 11 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


Per raccontare la romanzesca vita di Tommaso Campanella, un frate Domenicano del '500, filosofo e teologo, ma anche poeta,
basta pensare a ciò che era la vita religiosa e politica di quel secolo.
Gian Domenico Campanella, al' età di 15 anni prese i voti per dovenire frate, unicamente per poter sfuggire ad una futura vita di privazioni e miseria, nel prendere i voti assunse il nome di Tommaso in onore di quel santo cui era devoto.
La sua fervida mente ed il suo attaccamento agli studi filosofici, fecero si che volesse sempre comprendere ciò che era argomento dei suoi studi.
Poichè le sue idee non combaciavano esattamente con la dottrina cattolica, questo gli valse ben 5 processi per eresia, dall' ultimo di questi, riuscì a salvarsi da una sicura condanna a morte, fingendosi pazzo.
Avrebbe dovuto affrontare un sesto processo se non fosse fuggito in Francia sotto la protezione di Luigi XIII e di Richelieu.
Morì a Parigi all' età di 71 anni.
Campanella, non amava molto i poeti che lui accusava di trattare argomenti pagani, ciò nonostante scrisse due sonetti intrisi di perverso erotismo.

SONETTO FATTO SOPRA UN PRESENTE DI PERE MANDATO ALL' AUTORE DALLA SUA DONNA,
LE QUALI ERANO TOCCHI DALLI DENTI DI QUELLA

Le stampe delle perle, donde il fiato
che mi dà vita, sue figure imprime,
nelle pere mandommi fresche e prime;
don fra gli amanti assai cupidi amato.

Grato odor, dolce umor v' era innestato,
che delle rose sue sparser le cime
d' Amor un mare e sue ricchezze opime;
don, qui gustando io diventai beato.

Quand' io m' aveggio, benchè tardo omai,
che solo amor può darci il sommo bene,
lo qual filosofando io non trovai,

se virtù di mutar fanciulla tiene
pere in ambrosia e i tristi in giorni gai,
cangiar vita e costume or mi conviene.

SONETTO FATTO DALL' AUTORE SOPRA UN BAGNO MANDATOLI DALLA SUA DONNA,
NEL QUALE S' ERA PRIMA LAVATA

La faccia di madonna che di dio
sola può dirsi immagin vera in terra,
e la man, provvidenza che non era,
bagnate in atto a me cortese e pio,

tolsi l' acqua, applicalla al corpo mio,
giò fracassato dopo tanta guerra
per gran tormento ch' ogni forte atterra,
del medesmo liquor bevendo anch' io.

Miracolo d' amor stupendo e raro!
Cessò la doglia, io diventai più forte,
le piaghe e le rotture si saldaro.

Sentendo in me le sue bellezze assorte,
le viscere, gioendo, trapassaro
in lei, mia dolce vita, dalla morte.


INDOVINELLI MALIZIOSI



Intra llu sciardinu                                              Nel giardino
tante bbarbe te cappuccinu.                              tante barbe di cappuccino.
Ccinca l' apriu la pitaccia,                                 A chi gli aprì lo sparato
vii cce spata ca ti caccia                                     vedi che spada ti tira fuori

Senza anche e senza razze,                                Senza gambe e senza braccia,
nù ete picozzu e pporta visazze,                         non è monaco ma porta bisacce,
e se trase a nna grotta scura,                             e se entra in una grotta oscura,
se tozza la capu, ma nu sse nde cura                 batte la testa ma non se ne cura

Intru nnu sciardinu                                            In un giardino
ttruai nnu milurdinu                                           trovai un milordino,
li aprivi la petaccia,                                             gli aprii lo sparato,
mmesurai quiddhru ca caccia                             misurai ciò che caccia

Donna Longa stae mpisa,                                    Donna Lunga è appesa,
donna Niura nculu ni pisa,                                  donna Nera le pesa in culo,
donna Bianca intra stae,                                      donna Bianca sta dentro,
donna Russa nculu ni ae                                      donna rossa le va in culo

- Mamma mia me sentu prena.                             - Mamma mia mi sento pregna.
- Fija mia ci t' à mprenata ?                                  - Figlia mai chi ti ha impregnata ?
- M'à mprenata nnu foresazzu                               - Mi ha impregnata un foresaccio
c nna cosa longa e liscia                                        con una cosa lunga e liscia
ca l' à misa ddu se piscia                                        che ha messo dove si piscia

SOLUZIONI

1)  La pannocchia                                                    La pannocchia
2)  Lu cazzu                                                              Il pene         
3)  L' ungulu                                                            Il baccello
4)  La quatareddhra                                                 Il calderotto
5)  la utte e la suca                                                    La botte e la cannula 

Le satire QUOTIDIANE


RENZI SI GIUSTIFICA
- IN REALTÀ IO POSSIEDO UN SOLO ROLEX MA POICHÈ ERA DIFETTOSO MI VENIVA SOSTITUITO IN GARANZIA DI VOLTA IN VOLTA
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domenica 10 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


" La vostra musa xe una zentildonna,
la mia xe una donnazza venexiana,
che parla schetto e va vestia alla bona.

Ghe vol de tutto per la vita umana,
xe necessario, è vero la matrona,
ma ghe vol, qualche volta la puttana ".

Poeta veneziano del settecento, Zorzi Alvise Baffo, nato da una famiglia della borghesia medio-bassa veneziana, fu sicuramente il massimo rappresentante di quei poeti dediti al licenzioso e volgare.
Già a leggere i titoli delle sue poesie egli si presentava senza bisogno di ulteriori commenti : Lode al culo, Documenti per ben fottere, Loda 'l cul de donna Cate sono solo alcuni dei titoli della sua opera postuma  Gosmopoli, in realtà Venezia del 1789; 4 volumi monologici che avevano come unico argomento culi, tette, mone e bocche.
In un sonetto dedicato al suo amico poeta abate Frusoni ( citato in alto ), egli ben descrive la sua versatilità di poeta da bettola.


LODE AL CULO

Oh! Bus del Cul, che tra do colinette
in circolo ti xe tondo, e perfetto,
un vaso ti me par pien de zibetto
messo in conserva in quelle to grespette.

Ti me par un melon taggià in to fette;
che vegna anca el più celebre architetto, 
per dio, che nol puol far più bel groppetto,
che con Natura l' Arte no se mette.

Oh caro Culo ! Oh macchina stupenda !
Gran cose in ti se vede in un momento
subto che se tira sù la tenda;

se vede Monti, Valli, e un Bosco in drento;
compatisso la zente reverenda,
se in quel liogo i farave el so convento

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU

IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU

TUTTA CURPA TE LE FIMMINE

Nnu giurnu ca papa Cajazzu stia llu Rufanu pe nnu corsu te sercizi spirituali, se idde rriare nnu gioene ca ulia sse cunfessa, ma papa Cajazzu nu nci tese la ssuluzzione percene ddhru giovene nci tisse ca tinia nna nnamurata intra llu paise ma ca nu mbulia sse nsura.
Passara 15 giurni e lu papa se idde rriare ntorna stu ggioene sempre cu sse cunfessa e pur sta fiata nci tisse ca tinia sempre la nnammurata ma ca nu tinia nisciuna ntenzione sse nsura.
Papa Cajazzu nci tisse ddhru ggioene :
" Comu fazzu tte tau la ssuluzione ci tie nu mbuei llasi sta vita te zzitu mpenitente ? "
" Ma papa, cce te pozzu tiscere - nci respuse ddhru ggioene - ieu ulia cu lla lassu mpace ddhra carusa, ma nu nci la fazzu popriu, ieu uardu puru lu bbesegnu "
" Bbesegnu ? ma quale ete stu besegnu ? " tisse papa Cajazzu
" Iti papa, ci pe cci sà perdu nnu bbttune, poi ci me lu cuse ntorna ? "
" Se ete pe stu fattu - tisse papa Cajazzu musciandu la toneca -
sai quanti bbuttuni aggiu persu ieu ? "
" Percene te manca nna fimmina " nci tisse lu ggioene
" Nna fimmina ? - respuse papa Cajazzu - Ete popriu pe curpa te le fimmine ca la bbuttuneira sse ssuttija e perde li buttuni.

TUTTA COLPA DELLE DONNE

Un giorno che papa Galeazzo era a Ruffano per degli esercizi spirituali, si vide arrivare un giovane che voleva confessarsi, ma papa Galeazzo non gli diede l' assoluzione perchè quel giovane disse di avere un' amante nel paese ma di non avere alcuna intenzione di sposarla.
Passati 15 giorni, quel giovane tornò da papa Galeazzo e durante la confessione, confermò di avere sempre la stessa amante che comunque non voleva sposare.
Papa Galeazzo allora disse a quel giovane:
" Come vuoi che io ti dia l' assoluzione se tu non vuoi cambiare questa vita da scapolo impenitente ? "
" Ma padre, cosa posso dirti - disse il giovane - io ho anche provato a lasciare quella ragazza, ma non ce la faccio, guardo anche le necessità "
" Necessità ? Ma quali sono queste necessità ? " Chiese papa Galeazzo
" Vedi padre, se per esempio mi si stacca un bottone, poi chi me lo ricuce ? "
" Se è per questo - disse papa Galeazzo mostrando la tonaca - sai quanti bottoni ho perso io ? "
" Perchè non hai una donna " Gli rispose il giovane
" Una donna ? - replicò papa Galeazzo - è proprio per colpa delle donne che la bottoniera si assottiglia e perde i bottoni ".

sabato 9 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


Giuseppe Parini, Chi non ha mai conosciuto questo poeta del '700, abate e sacerdote, oltre che istitutore e moralista fustigatore dei costumi della nobiltà sua contemporanea, la Vergine cuccia delle grazie alunna oppure il mattino del Giovin signore, descritti nella sua opera Il giorno ?
Non tutti però sanno che la vocazione religiosa del Parini fu unicamente dovuta al testamento di una zia ricca che alla morte gli lasciò una rendita vincolata al fatto che divenisse sacerdote.
Nato da umile famiglia, egli dovette per tutta la vita lottare contro la povertà. 
Molti non conoscono neppure le poesie giovanili del Parini che con la loro vena erotica ci fanno conoscere un personaggio ben diverso da quello che ci insegnano nelle scuole.
Eccovi oggi due brevi poesie giovanili del Parini:

UNA VENTOLA SON IO

Una ventola son io
che rinfresco ogni calore.
Se una bella ha troppo ardore,
per il manico mi pigli;
mi dimeni qua e là
e sollievo troverà 

DOVE PRESSO IL TARPEO

Dove presso il tarpeo
vanta selva di corna il Tebro infame
e a le Latine dame
corre a sciacquar le puzzolenti fiche
da cazzi reverendi scompisciate,
giunto in cospetto al Coliseo Romano
così cantava un buggeron Toscano:
Il mio genio è buggerone;
non inclina al sesso imbelle; 
doneria cento gonnelle
per un lembo di calzone;
il mio genio è buggerone

martedì 5 gennaio 2016

FESTIVITA' PAGANE DI GENNAIO


6 GENNAIO FESTA DI PERTCHA


Scusandomi  con gli amici che mi seguono, per non aver narrato del capodanno pagano, cosa che spero di fare domani, narrerò ora della festa pagana di Pertcha e delle sue analogie con la festa cristiana della befana.
Come ben sappiamo tutte le feste cattoliche traggono origine da festività pagane delle quali, per ovvie ragioni di prevaricazione, hanno preso il posto.
Purtroppo la memoria dei popoli è corta ed oggi molta gente pensa che le festività cattoliche siano originarie della loro religione, mentre ben sappiamo che ciò non è.
Pertcha o Berta ( non quella che filava ), era una divinità femminile Germanica corrispettiva del dio Celtico Cernunnos.
Era simile alla dea Holda, venerata nella Germania settentrionale, che, con lei condivideva anche il giorno della festività, il 6 gennaio.
Vegliava sulla natura e sugli animali e per ciò definita anche  la dea delle bestie.
Recava doni ai bambini che, per ingraziarsela, in questo giorno, lasciavano nei boschi delle treccie di pane che le madri avevano confezionato per l' occasione, questa usanza, in alcune zone della Germania dura ancor oggi.
Pertcha significa splendente ed era raffigurata bianca come la neve ; il suo culto era legato alla fine delle tenebre ed al ritorno della luce.
In alcune zone dell' arco alpino, essa veniva raffigurata come una vecchia e brutta che recava doni ed era assimilata alla befana cristiana, come essa, infatti volava, ma non su una scopa ed era coperta da piume uccelli.

FILASTROCCHE E CANTILENE


None, none, none                                           No,no,no    
nu nci scire oce ddhra fore                            non uscire oggi fuori
ggira intra ll' uertu                                         gira nell' orto
ca trei nu caulu tuertu                                    che ci trovi un cavolo storto
a ddhrai nc' ete nna puddhricheddhra *        lì c'è una puddhricella
ca à cacata nna jaddhrineddhra                     che ha cagato una gallinella                  

Sta chioe, sta chioe,                                        Piove, piove,
le jaddhrine fannu l' oe                                  le galline fanno le uova
e le fannu sutta lla pila,                                 e le fanno sotto la pila,
ae nnu monecu e se le pija                            va un monaco e se le prende

Te santa Lucia                                                Da santa Lucia
llunghisce la tia                                             si allunga il giorno
quantu lu passu te la jaddhrina mia             qanto il passo della mia gallina

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


Restando nel XIX° secolo, dopo la Contessa Lara, incontriamo oggi un poeta Napoletano che nell' anno 1886 a Parigi con lo pseudonimo di Giulio Marolin, pubblicò un libretto di versi erotici dal titolo Abbascio o Mandracchio, quest' opera oggi è introvabile, esiste solo una copia presso la " Fondazione del Centro  Culturale Valdese di Torre Pellice " ( To. ) disponibile per sola consultazione.
Luigi Molinaro Del Chiaro, questo il vero nome del poeta, fondò nel 1883  na rivista dedicata al folklore ed alla letteratura, il Giambattista Basile, che si avvalse, fra gli altri, anche della collaborazione del giovane Benedetto Croce.
Dal libretto del Marolin, eccovi una delicata poesia che termina con un bel complimento alla sua partner per le sue arti amatorie.
Ciò ci fa notare come a volte anche l' argomento più scabroso può riservare tratti di grande dolcezza e tenerezza.

FUTTENNO

Statte, 'Ngiuletta mia, statt' accussì.
Nù moverte pe' nient' e nù sciatà:
stringe li cosce forte e n' 'o fà ascì.
nun sò mumente chist' è pazzià!

Damme nu vaso, bella, e nù me dì
ca nu juorno t' avesse ra lassà,
perchè, surtant' allora te scordo i',
quanno 'o vizio me levo de chiavà!

Fatte chiù ' mponta..... abbràcceme, Ngiulè,
aspetta..... statte.....nù me firo chiù,
mo me vene 'na cosa ' ncuoll' a te !

Nisciuno fotte cumme fotte tu,
'na chiavata cu' tico a cunzumè,
è nu zuccaro overo, è nu bisciù!

Le satire QUOTIDIANE

DOPO AVER IGNORATO POSTE ITALIANE
RENZI PARTECIPA ALL' ESORDIO FLOP DI FERRARI INN BORSA
NON SI SA MAI DOVESSI FALLIRE IN POLITICA POTREI SEMPRE USURPARE IL POSTO A MARCHIONNE
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lunedì 4 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA




 " Io t'amo, t' amo, Oh ch'altra donna mai
Non sussurri al tuo cor questa parola;
Per quanta ne incontrasti e ne vedrai
Anco nei sogni, vo' bastarti io sola.
Io saprei tramutarmi in che vorrai
Mentre com' or tra i baci il dì s' invola;
Frine, Saffo, Maria chiede, ed avrai
Quanto fibre, intelletto, alma consola ."






Scandali, duelli, ricchezza, miseria e fama; nella breve vita della Contessa Lara ( Firenze 1849 - Roma 1896 ).
Eva Giovanna Antonietta Cattermole, Lina od anche Evelina Cattermole, fu una poetessa Fiorentina morta a soli 47 anni per mano del suo convivente dopo una vita trascorsa fra scandali ed amanti.
La poesia della Contessa Lara ( con questo pseudonimo ella infatti pubblicò buona parte della sua opera ) rispecchia pienamente il suo stile di vita, ispiratrice di poeti per la sua bellezza ed il suo fascino intriso d' erotismo, poco si adatta alla vita morale dell' ottocento.

AMOR CAMPAGNOLO

Son due robusti contadini: lei
co' l viso di lentiggini macchiato;
le treccie rosse; a 'l collo cinque o sei
fila di perle e il grembio di bordato.

Lui bruno muscoloso, con de bei
denti bianchi; co 'l torso alto e quadrato;
sembra tuttor ne gli abiti plebei
sentir la sua divisa di soldato.

Presto son sposi. E poi che nulla sanno
de la legge che unisce e che divide,
fino alla morte insiem vegeteranno.

Intanto seggon lì fermi de l' ore.
Lui fuma e sputa, lei lo guarda e ride;
e chiaman star così: fare a l' amore

INDOVINELLI MALIZIOSI



Cce me nnoja, cce mme noja,                       Quanto m' annoia, quanto m' annoia
quannu marituma se spoja,                          quando mio marito si spoglia,
e lu visciu alla curcata                                  e lo vedo nel coricarsi
cu ddhra cosa rrignata, rrignata                   con quella cosa tutta aggrinzita

Capu vasciu, culu zzatu,                                Testa bassa, culo alzato
spingi ca trase, nu nn' è piccatu                   spingi che entra, non è peccato

La signura tinia l' anche stise,                      La signora aveva le gambe distese
l cucchieri le zzau e nci lu mise                    il cocchiere le alzò e glielo mise

Ogne fimmina bbeddhra fatta                       Ogni donna ben fatta
lu tene cratitu e se lu ratta,                          lo tiene gradito e se lo gratta,
se lu cratta pe llu maritu,                             se lo gratta per il marito,
cu nci sape sapuritu                                      che gli sappia saporito

SOLUZIONI

1)  LA CAMISA TE NOTTE                             LA CAMICIA DA NOTTE
2)  LU PETE INTRA LLA SCARPA                  IL PIEDE NELLA SCARPA 
3)  LU CAADDHRU LLA CARROZZA              IL CAVALLO ALLA CAROZZA
4)  LU CASU                                                   IL FORMAGGIO

Le satire QUOTIDIANE

TRASFORMISMI
2015 ANNO RECORD DI TRASFORMISMI FRA CAMERA E SENATO
COSA NON SI FA PER UN' IDEOLOGIA
L' IDEOLOGIA DELLA MAZZETTA
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domenica 3 gennaio 2016

L' EROTISMO FRA ARTE E POESIA


I POETI  MACCHERONICI

La poesia maccheronica, che ebbe il suo maggior rappresentante in Teofilo Folengo, un poeta Mantovano, noto  anche con lo pseudonimo di Merlin Cocai, che  nel suo soggiorno nella città veneta fu attratto da quel genere gogliardico che mischiava parole in latino a parole in dialetto veneto, facendo anche largo uso gratuito di volgarità e blasfemie.
I poeti maccheronici erano, durante il medio evo, studenti universitari in cerca di puro divertimento;
a tal proposito, non so immaginare quanto in realtà sia intenzionale, la pubblicità di una famosa azienda di gelati che mischiando l' Italiano con l' Inglese recitava :
" two gust' is megl' che one ", questa frase presenta appunto una libera interpretazione  di ciò che facevano i poeti maccheronici negli anni fra il '300 ed il ' 500.


MUSARUM INVOCATIO

Rica putanarum notissima tuque Roseta
Unica vacarum multo bertone superba
Tu Franceschina quidem semper colante potifa
Tu quoque Marieta nunquam satiata futiri
Vos quae albarellis vos quae ad vignale sedetis
Huc bordellorum vache: poteque venite
Que juristarum dignissima nmina sitis
Vos mihi cantanti largis favete potifis

INVOCAZIONE DELLE MUSE

Rica, famosissima fra le puttane, e tu Rosetta,
unica fra le vacche orgogliosa del tuo pappone,
tu pure, Franceschina, dalla figa sempre colante,
ed anche tu, Marietta, mai sazia d' esser fottuta,
voi che sedete fra gli studenti alle vie Albarella e Vignale,
venite qua, vacche e fighe da tutti i bordelli
Voi, degnissime protettrici degli giuristi, siete,
mostratemi le vostre larghe fighe, mentr' io canto

LI CULACCHI TE PAPA CAJAZZU


IEU SUNTU PAPA CAJAZZU
FASCITI COMU IEU BBU TICU 
MA NU FASCITI COMU IEU FAZZU

NU SSE SAPE MAI

Unu te li precetti te la chiesia tisce ca la ggente sia cunfessare armenu nna fiata l' annu; pe stu fattu nnu giurnu papa Cajazzu se idde rriare nnu giovane ca ulia sse cunfessa e quandu lu papa nci tisse cu nni cunta li piccati ca ia fatti, stu ggiovane ncignau cu tisce :
" Papa, suntu nna bbestia."
E lu papa Cajazzu nci tisse :
" Ane nnanti, ca quistu nu mb' ete nnu piccatu "
" Lu sacciu papa, ma te l' aggiu titta percene oju cu ssai cce razza te bbestia suntu, ccerte fiate lu tiaulu se mpussessa te mie, e tandu nu uardu nfacce nisciunu."
" E cce tte succede ? " ddummandau Papa Cajazzu
" Ca nu uardu nfacce nisciunu, mancu sorma, nci l' aggiu misa."
" Quistu ete grave " tisse papa Cajazzu
" Nu aggiu uardata nfacce mancu mama, e mancu tutte le cuscine mei,"
" Pe lla miseria qiustu ete gravissimu." ciunse lu papa
" e nu aggiu uardatu mancu......"
A stu puntu lu papa nci tisse a ddhru giovane :
" Spetta nn picca ca aggiu ffare nna cosa "
- Essiu fore te lu cunfessionale, sciu intra lla sacristia e bbessiu subbra ll' organu, dopu ca s' ia chiusa rretu a iddhru la porta a chiai, nci tisse ddhru giovane cu continua sse cunfessa.
" E percene si salutu ddhra ssubbra ? " ddummandau ncuriusitu lu uagnone
" Percene nu sse sape mai - respuse lu papa - minti ca lu tiaulu te bba zzicca paru, paru moi, nun b' ogghiu fazzu la stessa fine te sorda, mammata o te tutta la razza toa.

NON SI SA MAI

Uno dei precetti cattolici consiglia di confessarsi almeno una volta l' anno; per questa ragione, un giorno papa Galeazzo vide giungere in chiesa un giovane che voleva confessarsi e, quando papa Galeazzo gli disse di raccontargli i suoi peccati, il giovane esordì dicendo :
" Padre, sono una bestia "
Papa Galeazzo gli rispose :
" Vai avanti, questo non è un peccato "
" Lo so padre ma te l' ho detto perchè voglio che tu sappia che razza di bestia sono, a volte il diavolo si impossessa di me allora non guardo in faccia nessuno. "
" E cosa ti accade ?" Chiese papa Galeazzo
" Che non guardo in faccia nessuno, neppure mia sorella, l' ho violentata "
Questo è grave " disse papa Galeazzo
" Non ho guardato in faccia mia madre e neppure tutte le mie cugine."
" Per la miseria! questo è gravissimo " sfuggì al prete.
" e non ho guardato in faccia neppure....."
A questo punto papa Galeazzo disse al giovane :
" Aspetta un momento che devo fare una cosa."
Uscì dal confessionale, entrò nella sagrestia per uscire subito dopo affianco all' organo,  dopo aver chiuso dietro di se la porta a chiave, disse al giovane che poteva continuare a confessarsi.
" Pechrè sei salito la sopra ? " chiese incriosito il giovane.
" Perchè non si sa mai - rispose papa Galeazzo - metti che il diavolo si impossessi di te in questo momento, non voglio certo fare la fine di tua sorella, di tua madre o di tutta la tua razza.

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