martedì 17 febbraio 2015

PROVERBI E DINTORNI - il morso della taranta

Hactenus Oenides, Venulus Calydonia regna
Peucetiosque sinus Messapiaque arva relinquit.
in quibus antra videt, quae, multa nubila silva
et levibus cannis latitantia semicaper Pan
nunc tenet, at quodam tenuerunt tempore nymphae.
Apulus has illa pastor regione fugatas
terruit et primo subita formidine movit,
mox, ubi mens rediit et contempsere sequentem,
ad numerum motis pedibus duxere choreas;
inprobat has pastor saltuque imitatus agresti
addidit obscenis convicia rustica dictis,
nec prius os tacuit, quam guttura condidit arbor:
arbor enim est, sucoque licet cognoscere mores.
quippe notam linguae bacis oleaster amaris
exhibet: asperitas verborum cessit in illa.


Il brano sopra riportato è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio ( liibro XIV ) dove l' autore descrive una scena riferita alla nascita dell' ulivo come albero tipicamente autoctono salentino.
La versione che ci fornisce Ovidio, non contrasta, anche se è un poi' differente, con quella di Nicandro, egli infatti narra che Venulo, dopo aver abbandonato la Peucezia e la Messapia, racconta di aver visto in quest' ultima terra fra canne mosse dal vento, nella fitta ombra di un bosco che è la dimora di Pan ed un tempo anche delle ninfe.
La leggenda che racconta Ovidio , ci narra di un pastore che, viste le ninfe,le fa fuggire spaventate da frasi oscene ed atteggiamenti provocatori, e che, dopo il primo attimo di disorientamento, tramutarono l' arrogante pastore in oleastro l' albero le cui amarissime bacche sono da noi conosciute come olive     
Nel 1561, Giovanni Andrea dell' Anguillara ci fornisce una traduzione del libro di Ovidio in ottava rima descrivendoci sia l' antro di Pan, sia le beffe dell' empio pastore e la sua con seguente punizione,  che, come narra Dell' Anguillara pur mutando il vestito, non muta l' asprezze e l' amarezza del suo comportamento.

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