venerdì 2 agosto 2013

LA TARANTA DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI 2



La storia che sto per raccontarvi, abbraccia un arco di tempo che possiamo valutare di 1.700 anni, vi ho già accennato di san Pietro e del dono fatto alle donne della famiglia che lo aveva ospitato.
Ci hanno sempre tramandato  che in Galatina esistevano delle donne che curavano i tarantati con  lo "sputo medicinale" notizie storiche di ciò ne abbiamo però solo intorno al 1706-1741 e cioè proprio nel periodo di transizione fra gli apostoli Pietro e Paolo.
In quel periodo, il frate Bonaventura Quarta, andava in giro magnificando le doti di Pietro, mentre in quegli anni i sanpaolari giravano per piazze e borghi per curare tarantolati. In quello stesso periodo, il dotto galatinese A. T. Arcudi scriveva di due sorelle che abitavano in una casa che si affacciava su piazza San Pietro e che curavano con lo sputo sanificatore chiunque fosse stato morso da tarantole, anche se , a ben vedere, qui sorge un grosso dubbio; non è chiaro, infatti, se per tarantolate si debba intendere solo chi è stato morso dal ragno velenoso, oppure anche da altri animali velenosi.
L' Arcudi scrive che le due sorelle, Francesca e Polissena Farina, a quanto pare fossero discendenti in linea diretta delle donne gratificate da Pietro, quindi in grado di "curare" con la saliva, non avevano eredi e che quindi, con loro si veniva a concludere la stirpe.
Narra l' Arcudi che la superstite delle sorelle, prima di morire, non volendo lasciare i tarantolati senza scampo, per perpetuare la tradizione, sputasse nel Pozzo che era all' interno della casa, rendendo così quell' acqua curativa per le genti a venire. Ciò è quindi in contrasto con la credenza che fosse stato l' apostolo Paolo a fare questo.
A questo punto è utile fare una breve storia della cappella di san Paolo e della famosa casa che ospitò i due apostoli; Le due sorelle Farina, chiamate anche Bellevicine dal Caputi nel 1741, proprietarie di quella casa, vicine alla morte e non avendo eredi, decisero di donare tutto al fratello dell' Arcudi, Antonio che evidentemente rinuncio in favore del clero galatinese, pertanto la casa divenne proprietà della chiesa con l' unico obbligo di dover celebrare una messa settimanale nell' altre de' Faringei posta presso la "collegiata". La casa fu poi donata dal clero galatinese a quello di Otranto che la vendette a Nicola Vignola per 700 ducati che, nell' evwentualità che dovesse erigere nel posto una cappella dedicata a Paolo, tutti i provcenti dovevano essere a pannaggio del clero capitolare ed i culti dovevano essere officiati da sacerdoti di sangue Vignola.
La cappella dedicata a san Paolo, fu edificata nel 1793; lotte molto cruente si celano dietro a questi passaggi ed i colpi di mano fra il clero galatinese ed otrantino, non furono certo immuni da vittime eccellenti.
Una descrizione del ballo dei tarantati, ci viene fornita dal De Simone, a seconda dei luoghi dove si svolge, esso si svolge in modi diversi e con diverse usanze:
- Euripide ci narra che presso l' Ida, bacco ballasse al suono del "tamburieddhu";
- il ballo del tarantato può durare fino a 12 giorni, generalmente però va da 2 a 5 giorni;
- a Novoli, la stanza del ballo, viene addibbata con fazzoletti e nastri di vario colore;
- a Martina Franca, si aggiungono degli specchi;
- a Nardò, il tarantato ballava avendo in mano un cerchi ornato di Pampini.
La musica era generalmente eseguita con un violino ed un " tamburieddhu", a volte 2 od anche 5 violini ed un flauto.
Ma chi sono i tarantati? generalmente donne nubili e molto giovani, rarissimi i casi di donne maritate ed ancor meno se già madri; per molte giovinette a volte la ricetta migliore pareva fosse quella prescritta dal medico del Fusinato :" Piero, il Parroco ed un anellino d' oro".
I versi cantati durante il ballu avevano più o meno questo tema:
Oh santu Paulu miu te le tarante,
fanne la razzia a nui, po' a tutte quante!
niuna! niuna
L' aggiu dicere a mammatà,
te nde dia na scutulà.
A questa poesia, seguivano le canzuni (canti popolari) con diversi intercalari:
Mariòla Antonià!
Mariola te lu mare!
Taranta Mariòla pizzeca le caruse tutte quante!
Pisce frittu e baccalà, e recotta cu lu mele.
Maccarruni te simulà
A questo la tarantata rispondeva:
Ohimmè! mueru. Canta! Canta
Francesco Mazzotta, un violinista cieco di Novoli e Donata Dell' Anna, tamburellista di Arnesano, erano alla fine del 1800, molto famosi ed apprezzati esecutori di musiche per tarantate, Il Mazzotta
confermava la tradizione orale di dette musiche e diceva ,fra l' altro che la " Vera pianta della taranta" è a Novoli e lì, infatti erano da sempre stati costruiti i violini ed egli stesso si era esibito in località come Torchiarolo, Arnesano, Campi Salentina, Trepuzzi, Squinzano, San Pietro Vernotico,
Cellino San Marco, Surbo, Nardò, Monteroni di Lecce, San Pietro in Lama, Lequile, Guagnano, San Donaci e San Pancrazio.
Anche a Corigliano D' Otranto esisteva, in quel periodo un altro celebre violinista i cui versi sono ancor oggi cantati nella Grecìa Salentina. la traduzione del De Simone, recita così:
Ho un violino ed è mancino
Ed i tasti li ha dalla parte di sotto
Vado per accordarlo ma non trovo modo
che fa ndi ndi a bau bau!
I bischeri sono di coprifico
E le corde di pelo di maiale
La cassa di ficodindia
Il violino è del senzacrea!

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